lunedì 28 dicembre 2009

CONTINUUM n. 32 online.

È disponibile online il numero 32 della fanzine triestina Continuum diretta da Roberto Furlani e giunta al decimo anno. Come di consueto la web-zine trimestrale, di recente rinnovata nell’organizzazione e nella veste grafica, propone una produzione articolata in recensioni, saggistica e narrativa.

A un mese dalla chiusura del Festival della Fantascienza S+F, l’editoriale si interroga sul futuro della manifestazione, anch'essa triestina, a seguito dei tagli alla cultura decisi dalla regione Friuli-Venezia Giulia.
Per le recensioni, si parte con “La generazione del crepuscolo”, romanzo del 1982 del misconosciuto Richard Cowper, a cura di Gianni Ursini, e a seguire un e-book ("Le onde gravitazionali") scritto su iniziativa dell'Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, a cura di Fabio Calabrese, il fumetto “La lega degli straordinari Gentlemen” a cura di Andrea Carta (a continuazione del numero precedente), quattro recensioni cinematografiche di Gianni Ursini, (“Le morti di Ian Ston” , “Hancock”, “The Dark Knight” e “Eagle Eye”), due pietre miliari della fantascienza umoristica (la serie tv “Galaxy quest” e il film “Le folli notti del dottor Jerryll”) a cura di Gianfranco Sherwood, e “Nirvana”, di Gabriele Salvatores a cura di Giovanni De Matteo.
Altrettanto copiosa è la sezione dedicata alla saggistica, che comprende vari titoli orbitanti intorno al festival da poco conclusosi a Trieste, a cura di Gianni Ursini, dello stesso Roberto Furlani, e di Fabio Calabrese. Calabrese è anche l'autore dell’unico pezzo extra-festival di questo numero, un articolo tratto dal 'Manuale della Fantascienza', che esplora il filone dell'ucronia.
E per venire infine alla narrativa, la sezione ospita quattro racconti: “Lontano, nell’universo”, storia imperniata sui legami familiari e sui rapporti intragenerazionali, di Vanni Mongini, “Connessione Quantica” di Fabio Calabrese, storia di hard-sf, “Ho toccato il cielo”, di Elena Di Fazio, e dulcis in fundo il mio “Tempus fugit” (presentato come “un simpatico racconto sul tempo, la sua fuggevolezza e i suoi capricci”).
Il tutto, come di consueto gratuitamente, con un clic: qui.

martedì 15 dicembre 2009

Fantastico (al) salone del libro usato.

Martedì 8 dicembre. A Roma, ultimo giorno del salone “Più Lib(e)ri”, ma la tentazione al mattino è forte: se invece me ne andassi a Milano al “Salone del libro usato”? Dopotutto alla fiera romana ho già speso molte piacevoli ore.
Calcolati i tempi di viaggio, so che arriverei abbastanza tardi, e mi rimarrebbero le ultime tre o quattro ore prima della chiusura generale della manifestazione, prevista per le 19.00. Poco? Meglio che niente! Cedo alla tentazione e dunque parto. Mattino di festa, Roma dorme beata, i treni sono semivuoti ma hanno prezzi sempre pieni.
Il fine prevalente di questa missione, ça va sans dire, è la fantascienza. Ormai, nella massificazione determinata dai pur validi, pochi, grandi editori, i migliori acquisti di questo genere si fanno online oppure nelle manifestazioni fieristiche, e spesso nell’usato si trova più facilmente ciò che si cerca.
Il salone si presenta un po’ come la città che lo ospita. Ti propone il suo fascino con discrezione, con pudore tutto nordico, obbligandoti ad andare tu alla ricerca del bello nascosto fra le pieghe. Non c’è ostentazione, non ci sono fronzoli. Non c’è traccia di mass-marketing, e i grandi sponsor, pur presenti, sono praticamente invisibili. All'ingresso del padiglione della Fiera, la vista spazia su di un ordinato groviglio di bancarelle e l'udito si abitua presto al classico brontolio di fondo della contrattazione, delle spiegazioni e della curiosità. È come se tutte le bancarelle di libri fossero state messe insieme in un solo posto, e solo allora, in quel posto, ti rendi davvero conto di quanto è importante che esistano, nelle strade e nelle piazze.
Il salone rivela subito la sua natura: non solo un foro per la compravendita dell’usato, ma anche (e soprattutto) il luogo che celebra il valore assoluto del libro come pezzo da collezione, che non necessariamente devi aprire e leggere. Il libro elevato (e ridotto) al ruolo di puro oggetto del possedere. Ce ne sono molti che non ti sogneresti nemmeno di aprire. Al pensiero di farlo, hai l’impressione che possano dissolversi. Dev’essere il principio di indeterminazione del libro antico: non se ne può conoscere contemporaneamente il titolo e il contenuto delle singole pagine.
Volumi, manifesti del cinema, stampe, cartoline tematiche per collezione, illustrazioni, giornali d’epoca, riviste rare, tomi antichi, editoria d’antiquariato; c’è davvero di tutto. Pure i santini e i libri per bambini in olandese. E molta gente, di ogni età, non solo dall’Italia. Ma non c’è ressa; si cammina bene, ci si guarda in giro senza troppa fatica. E si fanno stimolanti incontri con i maniaci tra i maniaci: i collezionisti dell’usato dell’area del fantastico. Mi chiedo: sono o non sono qui per questo? Domanda retorica.
Il primo fantasticòfilo in cui mi imbatto è “Pedro” (al secolo Roberto Pedretti), che se ne sta vigile al suo “Angolo” alla bancarella numero 262, in una zona ricca di espositori di genere; qui trovate il suo folto catalogo all’interno della “Gilda dei catalogatori di letture fantastiche”. Pedro (pedrober1@gmail.com) è un pilastro della FS milanese e non solo, e mi rivela il suo orgoglio di appartenere alla Gilda. Alle mie lamentele sulla presunta assenza di librerie e cataloghi in area romana risponde indicandomi almeno due validi pusher nella mia zona, ovvero Pocket 2000 e Fantabancarella. Queste preziose indicazioni già mi ricompensano del tempo e delle spese di viaggio. Poi passiamo in rassegna il suo campionario di occasioni e rarità, e non mancano un paio di acquisti interessanti.
Quasi di fronte a Pedro, alla bancarella numero 74, un’altra vecchia (si fa per dire!) conoscenza milanese, che ha la responsabilità, con la sua newsletter sempre puntuale e accurata, di avermi reso partecipe dell’esistenza stessa di questo salone, accendendo in me la tentazione di visitarlo. Si tratta del Bazaar del Fantastico di Andrea Jarok, ospite immancabile di tutti i principali appuntamenti fieristici del settore. Andrea si sincera con professionalità impeccabile che non ci siano ordini online inevasi di cui io possa lamentarmi, poi si prodiga nel soddisfare la mia ricerca di libri che trattino il viaggio nel tempo e infine nell’indicarmi gli altri espositori che potrebbero interessarmi. Scatta un ulteriore acquisto da parte mia.
Rapidi passaggi presso “Gialli & Fantascienza” di Melzo (MI)(un altro acquisto) e la “Libreria Yellow Kid” di Bergamo, rispettivamente ai numeri 68 e 63-66, precedono la scoperta della presenza, fra gli espositori, di un vero e proprio editore dell’area del fantastico (bancarella 182), ovvero le Edizioni della Vigna, di Arese (MI) (info@edizionidellavigna.it), che espone titoli decisamente accattivanti, fra i quali spiccano anche nomi di rilievo del panorama italiano. Questa casa editrice, ricollego in seguito, è fra l’altro legata al concorso letterario "Giulio Verne", del quale abbiamo parlato spesso su Fantascienzaedintorni, e che nuovamente segnalo ai lettori di questo blog (occhio, la scadenza è prossima: 31 dicembre).
Proprio accanto alle Edizioni della Vigna, mi imbatto quindi nella bancarella numero 183, ovvero Fantascienza e… altro di Dario Vaghi (dario.vaghi@fastwebnet.it), che mi illustra con perizia ed entusiasmo il valore dei suoi pezzi da collezione, e mi fornisce utili spiegazioni sui prezzi dell’usato. Non si finisce mai di imparare.
Fra visite e incontri alle bancarelle del fantastico, e passaggi giocoforza più sbrigativi lungo tutte le altre, si sono fatte le 18.00. Gli espositori stranieri hanno già chiuso, e i non lombardi stanno facendo altrettanto. Fuori fa piuttosto freddo, dentro si muore di caldo, e io, che in assenza di guardaroba (ahi ahi!) sto trainando il mio trolley da diverse ore, e mi muovo con un pastrano sulle spalle degno di Totò, Peppino e la malafemmina (sono arrivato anch’io alla stazione centrale in effetti), sono per di più a digiuno.
Raduno i miei pochi e notevoli acquisti e me ne vado, con la promessa che ci si terrà in contatto e la consapevolezza che la tentazione del mattino è stata un’ottima consigliera.
A proposito, qualcuno dei miei nuovi amici collezionisti ha per caso verificato la disponibilità de “La salvezza di Aka” di Ursula K. Le Guin?
Come non detto, passerò al setaccio i vostri cataloghi.
Una notte all’ombra della madonnina, e il mattino dopo, come sempre mi accade da anni, Milano brilla sotto al sole.
Arrivederci l’anno venturo.

domenica 6 dicembre 2009

Short Stories - è pronto il Numero 6.

E’ pronto da un paio di giorni il numero sei di Short Stories - Rivista Illustrata di Letteratura Fantastica, a cura delle Edizioni Scudo di Giorgio Sangiorgi e Luca Oleastri.
Il titolo di questo nuovo numero è "L'alba che non verrà".
Sulla scia del catastrofismo apocalittico in voga in questi ultimi tempi, testimoniato dalla cinematografia statunitense (si pensi a "2012"), i racconti raccolti in questo numero narrano infatti la fine del genere umano.
Alcuni degli autori ospitati sono già stati in precedenza coinvolti nella produzione della collana, come Carmine Villani, Simone Conti, Pierre Jean Brouillaud, Fabio Calabrese, Alberto Priora e Giorgio Sangiorgi, altri invece, italiani e stranieri, sono nuovi alla collaborazione con la rivista, come Federica Ramponi, Valentina Sanfelice, Spartaco Mencaroni, Lorenzo Gallus, Claudio Tanari, Luis Barrera Bermejo, Andrea Quercioli, Maurizio Landini, Luigi Brasili, Serena Gentilhomme, Cristina Donati, Marco Poli, Alessandro Testa, Marco Maria Sorge, Alessandro Pagni, Gianluca Bedini, Janos Mark Szakolczai, Paolo Durando.
Ventincinque racconti ed altrettante tavole illustrate in bianco e nero, in 214 pagine, il numero 6 di Short Stories è disponibile sia come volume cartaceo, sia in formato elettronico.
A tal fine si può procedere attraverso il sito delle Edizioni Scudo (a destra nell’elenco dei link agli editori del fantastico in questo blog) nella pagina della collana Short Stories oppure si può direttamente alla pagina dello shop-on line di lulu, qui.

giovedì 3 dicembre 2009

Il salone del libro usato di Milano.

Al salone "Più lib(e)ri" di Roma, di cui abbiamo parlato ieri l'altro in queste pagine, Milano risponde con Il salone del libro usato (presso Fieramilanocity, dalle 12.00 del 5 dicembre alle 19.00 dell'8). Stesse date, stessi orari della manifestazione romana. Una contemporaneità poco felice? Forse.
Ad ogni modo, chi Vi scrive confessa di invidiare Milano.
Una manifestazione ad accesso gratuito, più di 300 bancarelle, espositori provenienti da diversi paesi (Italia, Olanda, Francia, Germania, Inghilterra), in un’area di oltre 10.000 metri quadrati trasformati in un’unica, immensa "bibliotecamercato" del libro usato: dai primissimi numeri delle più famose collane a fumetti alle prime edizioni di grandi classici della letteratura, dalle serie complete di paperback e libri di genere alle rarità per collezionisti, dalle raccolte di poesia ai libri fotografici e cataloghi d’arte alla ricca sezione riservata ai libri per ragazzi, per arrivare fino alle stampe antiche e alle locandine cinematografiche.
Per non parlare del fatto che i migliori acquisti di fantascienza si fanno spesso nell'affascinante settore dell'usato. Scorrete l'elenco espositori e ne troverete alcuni specializzati nel genere fantastico.
L'iniziativa è stata preceduta, fra il 30 novembre e il 2 dicembre scorsi, da una sana operazione di Bookcrossing in ben 15 siti della città.
Qui un dettagliato e stimolante comunicato stampa.
Complimenti alla città di Milano e agli organizzatori, da un romano invidioso.

martedì 1 dicembre 2009

Più Lib(e)ri 2009: il fantastico (r)esiste.

Risicato, ma non nullo. Proprio come nel resto d’Italia da anni, è minimo lo spazio dedicato al genere fantastico in occasione dell'ottava edizione della Fiera Più Lib(e)ri che si svolgerà come di consueto presso il Palazzo dei Congressi di Roma EUR, dal 5 all’8 dicembre prossimi.
Alla (quasi disperata) ricerca di editori di genere nell’elenco di più di 400 espositori (editori piccoli e medi, come da copione), rileviamo la presenza di Delos Books, Fanucci, Fazi, Gargoyle Books, Iperborea, Leone Editore, Robin, Marcos y Marcos e la Scuola di Scrittura Omero (anche casa editrice). Si noti che a parte Delos, questo breve elenco contiene case editrici non specializzate nel genere fantastico in modo esclusivo (tale è infatti ad oggi la stessa Fanucci). Nessuna novità rispetto allo scorso anno, dunque. Aggiungerei un vigoroso “purtroppo”, soprattutto considerando che a parte pochissimi casi (si pensi alle collane della Mondadori ed Einaudi, o a singole pubblicazioni di Adelphi) le case editrici di genere sono fisiologicamente collocate nella fascia della piccola editoria.
Se la presenza degli espositori in qualche modo legati al genere fantastico/fantascientifico è debole, la frequenza di eventi relativi al genere è giocoforza minima. Passando ai raggi X il programma preliminare della manifestazione, rileviamo un unico evento interamente dedicato al genere fantastico. Si tratta della Tavola Rotonda (ore 18.00, domenica 6 dicembre, Sala Smeraldo) dal titolo “Gli editori italiani e i generi letterari. Tra nuove tendenze e tradizioni, tra autori italiani e stranieri: il fantastico” che vedrà la partecipazione di Bernard Quiriny, giovane autore belga di “Racconti carnivori” e Paolo Restuccia (Scuola Omero), coordinati da Enrico Valenzi (Scuola Omero). L’evento è a cura della Casa delle Letterature in collaborazione con Scuola di scrittura Omero. A ciò aggiungiamo un secondo evento, ovvero la presentazione di un libro delle Edizioni Mediterranee che si colloca fra il fantastico e lo storico-cavalleresco, ovvero "Sir Gawain e il cavaliere verde", ovvero la traduzione di John Ronald Reuel Tolkien del romanzo allitterativo scritto in medio inglese e risalente al tardo XIV secolo. L'evento prevede la partecipazione di Franco Cardini, Gianfranco de Turris e Sebastiano Fusco, e si terrà in sala Rubino alle 18.00 della giornata inaugurale, sabato 5 dicembre.
Lieto di apprendere che il primo dei due eventi è organizzato dalla scuola di scrittura creativa da cui proviene chi scrive.

venerdì 30 ottobre 2009

Iperborea: forse non tutti sanno che...

I libri della nota casa editrice di Milano si riconoscono da lontano: sono alti, magri, rugosi e dai colori pastello. Proprio come gli abitanti dell'area scandinavo-baltica-neerlandese, nella cui letteratura Iperborea ha una specializzazione esclusiva e originale. Quello che forse sono pochi a sapere (lo confesso, ero fra loro) è che, poiché anche fra i nordici ci sono autori che si dedicano al fantastico, Iperborea ne possiede esempi interessanti, sebbene attraverso declinazioni per noi inconsuete ma non per questo meno attraenti.
Spulciando il catalogo ci si imbatte infatti in titoli decisamente accattivanti (cliccate sui titoli).
Il manifesto dei cosmonisti, Mikael Niemi
Rigenesi, Svend Åge Madsen
L'isola di Odino, Janne Teller
Il Messia con la gamba di legno, Peter Nilson
Storia con cane, Lars Gustafsson
Il decano, Lars Gustafsson
A presto, fra queste pagine, per i doverosi approfondimenti del caso.

martedì 20 ottobre 2009

Il segreto del bosco vecchio.

Alcuni lo definiscono una fiaba, altri un romanzo. “Il segreto del bosco vecchio” di Dino Buzzati, autore celeberrimo per il “Deserto dei Tartari” è in realtà un lungo racconto fantastico che, se non fosse scritto nell’italiano fascinoso dei primi anni ‘30, parrebbe attualissimo. La lettura del testo in un volumetto Garzanti del 1957 che prende il titolo dal primo dei due racconti ivi contenuti, “Barnabo delle montagne”, ha certamente reso ancor più facile immergersi in una suggestiva atmosfera letteraria retrò.
La storia ha una costruzione ingenua, a cui concorre lo stile asciutto e disadorno, che non nasconde l’identità del giornalista del primo novecento, manierato secondo gli eleganti canoni dell’epoca. La lettura è agile, veloce, divertente, traboccante di trovate dal tono fra il fiabesco e l’onirico.
Sebastiano Procolo, colonnello in pensione, uomo senza scrupoli, intende disfarsi di suo nipote Benvenuto. Il ragazzino è l’erede del terreno su cui il bosco sorge, e Sebastiano, suo tutore, vuole diventarne proprietario unico e abbatterne gli alberi a fini speculativi. Tenta perciò di ucciderlo con la complicità di un vento, che ha nome Matteo, che gli deve gratitudine per averlo liberato dalla prigionia trentennale in una caverna. Matteo però è alla fine della sua carriera, e fallisce il suo obiettivo. Un nuovo vento, Evaristo, più giovane e assennato di lui, lo sconfiggerà in un duello all’ultima nube, e lo sostituirà nel dominio della valle. Sebastiano intrattiene pessimi rapporti con i geni che vivono all’interno degli alberi, e con le gazze che si alternano a sorvegliare la proprietà, tanto da ucciderne una a freddo nel cuore della notte perché disturba il suo sonno con falsi allarmi. L’umanizzazione degli animali sapientemente messa in scena nel racconto fa di questo atto un pugno nello stomaco. È questo il biglietto da visita con cui Sebastiano si annuncia a un tempo al bosco vecchio e al lettore.
“Il Procolo” è un degno erede di Ebenezer Scrooge, un uomo senza affetti, un cattivo per antonomasia, che si ritrova ad ascoltare in segreto il processo condotto in contumacia a suo carico dall’assise degli uccelli della foresta, e che diventa infine buono e prende a cuore la sorte del piccolo. Abbandona i suoi propositi infanticidi, e si piega al volere dei geni del bosco e degli alberi di cui essi sono simbionti.
La storia, a tratti molto cruda, è una celebrazione ammaliante e continua della fantasia dell’infanzia: sarebbe infatti la mente di Benvenuto a partorire tutti gli elementi animati del luogo, che finiscono però per avere vita propria. Se da un lato l’autore ci propone, verso il finale, l’idea che il piccolo è destinato a perdere questa fantasia facendosi adulto, dall’altro la sua infausta profezia è smentita dalla storia stessa, il cui protagonista anziano non ha mai perso la capacità di comunicare con i topi, biasimare gli alberi, condannare gli uccelli e dare ordini ai venti.
Sullo sfondo di tutto ciò, che è già parecchio, la storia di una trasformazione. Dopo il tentativo fallito di omicidio, l’ombra di Sebastiano Procolo si ribella al suo proprietario affermando di non voler rimanere al suo servizio, perché “non lo riconosce più”. Giunto a questo punto, l’uomo comprende la portata delle sue azioni, e subisce un cambiamento radicale, fino a tentare di salvare la vita di Benvenuto, che erroneamente crede sepolto sotto una slavina procurata dal vento. Il vento stesso, Matteo, sembra in effetti una proiezione del vecchio, riflettendone la potenza cinica e crudele all’inizio del racconto e la benigna affezione per il ragazzo nella seconda parte. È forse questo il registro più alto della storia: l’anziano uomo perde l’immagine di sé, non si riconosce più e, terrorizzato dal rischio di impazzire, di nascosto dal vento suo complice, riprende a lottare per la sopravvivenza del piccolo Benvenuto, bimbo gracile e malaticcio. Sebastiano Procolo pagherà la sua anaffettività a caro prezzo: nel suo stile sobrio ed efficace Buzzati descrive quella che pare una vera depressione in senso clinico, da cui purtroppo il vecchio ormai non potrà più uscire, fino a morirne, congelato appunto, nel cuore del bosco.
Il Bosco Vecchio di Buzzati è un luogo nel quale ci si rifugia volentieri. Un luogo da cui sembrano provenire tutti i boschi incantati delle favole più riuscite, e forse, della letteratura fantasy dei nostri giorni; l’archetipo letterario di un intero genere. L’immagine di un’infanzia del secolo scorso, con la sua ingenuità, le sue paure, la sua incertezza, le regole inique, le inesauribili speranze e la potenza dei suoi fantasmi buoni.
Un posto in cui spererete di ritrovarvi ogni volta che varcherete la soglia di una foresta.

domenica 18 ottobre 2009

E-Doll: il Booktrailer

In attesa dell'uscita in data primo di novembre prossimo, eccoci tempestivi a pubblicare il Booktrailer, lanciato oggi in rete, a cura di Francesca Fuochi, del romanzo E-Doll, del Premio Urania 2008, Francesco Verso.

mercoledì 7 ottobre 2009

Editori e siti di narrativa fantastica in Italia.

Da oggi in questo blog è disponibile un elenco di link alle case editrici italiane di fantascienza e fantastico, e inoltre un elenco di link a siti, blog e forum su libri di genere nuovi e vecchi. Tutte le case editrici specializzate nel genere, e quelle che abbiano almeno una collana o singole pubblicazioni all'interno del genere, sono invitate a farsi conoscere, qualora vogliano essere inserite in detto elenco. Unico requisito è l'attività editoriale all'interno del genere fantastico, non necessariamente esclusiva, prescindendo dalle capacità distributive sul territorio nazionale e dalle modalità contrattuali di rapporto con gli autori. Lo stesso dicasi per tutti coloro che amministrano forum, blog e siti che si occupano di narrativa e letteratura di genere. Gli elenchi verranno aggiornati sulla base delle indicazioni ricevute da Fantascienza e Dintorni.
Gli elenchi sono collocati sulla destra della schermata d'ingresso, ovvero alla vostra destra mentre leggete.

lunedì 21 settembre 2009

Il tempo è il solo nemico.

Impossibile non rimanere colpiti da questo romanzo, che rappresenta con tutta probabilità l’apice qualitativo della produzione letteraria di Michael Bishop, autore statunitense, classe 1945. Il Tempo è il solo nemico fu pubblicato nel 1982 e nello stesso anno ottenne il Premio Nebula per il miglior romanzo.
Sin dai primi mesi di vita, John Monegal sogna, cadendo in uno stato simile alla trance. I suoi sogni sono vividi, realistici, pieni di dettagli che rimandano a una realtà che egli non ha mai conosciuto, e che si colloca milioni di anni addietro nella storia dell’umanità. Da dove provengono queste immagini? Immediatamente il pensiero va a Il vagabondo delle Stelle, capolavoro di Jack London, e dunque al dubbio che i ricordi di John possano provenire da vite già vissute. Ma la fantasia dell’autore va persino oltre: a differenza del protagonista del romanzo di London, che immobilizzato nella prigione di San Quintino viaggiava a ritroso con la mente grazie a una sciamanica capacità di retro-metempsicosi, John sogna una vita che è già trascorsa, ma che ancora non ha vissuto. Per farlo, dovrà imbattersi in un paleo-antropologo che lavora a un visionario progetto di viaggio nel tempo attraverso una macchina in grado di sintonizzarsi sulla mente del protagonista fino a portarlo indietro nel pleistocene, permettendogli di vivere ciò che determinava i suoi sogni, nella forma di una impronta indelebile del passato rimasta intrappolata nel rumore di fondo del flusso temporale. A questo punto, John cambia vita e nome; da questo momento si chiamerà Joshua Kemp.
Il paradosso tipico del viaggio nel tempo raggiunge in Bishop il parossismo, non foss’altro che per il gigantesco ordine di grandezza del balzo dal presente alla preistoria. Una volta accettato questo mirabolante patto narrativo, l’autore ci proietta in un mondo autentico, credibile, pieno di un’umanità primordiale, usando una prosa lieve, seducente e ricercata, che ha trovato degna rappresentazione nella brillante traduzione italiana di Roberta Rambelli. Non si può non rimanere toccati dalla descrizione del rapporto del protagonista con gli ominidi “abilini”, che dapprima diffidenti, lo accolgono infine nel loro gruppo. Ed è certamente questo il più alto registro narrativo di questa storia. Rompendo schemi tradizionali e fin troppo abusati, Michael Bishop descrive l’uomo preistorico non come semplice stadio evolutivo ulteriore rispetto allo scimpanzé, conseguenza casuale di mutazioni di ordine quantitativo che hanno determinato il passaggio dalla scimmia all’uomo, ma piuttosto come frutto di una netta discontinuità qualitativa nella linea dell’evoluzione, testimoniata dalla comparsa di emozioni complesse, non necessariamente o non esclusivamente legate all’utile e alla sopravvivenza.
Joshua Kemp, rapito dal mondo in cui è stato gettato, prolunga la missione oltre la misura concordata e decide infine di rimanervi. Ma non vi sveleremo cosa in realtà accade nel finale a sorpresa. La narrazione procede dolce, al ritmo dei grandi e lenti scenari della savana africana vissuti attraverso gli occhi di Joshua Kemp, e alternati ai flashback degli episodi della difficile vita del giovane John Monegal dapprima in Spagna, suo paese nativo, e poi negli USA e infine in Africa.
A tratti la prosa descrittiva della vita della tribù abilina ricorda la cura e la precisione di Ursula Kroeber Le Guin, nel tentativo continuo di comprendere le motivazioni delle dinamiche che muovono i personaggi appartenenti ad un gruppo diverso da quello dell’uomo in senso stretto. Un esoticismo di genere fantastico, rivolto però verso gli ominidi anziché verso gli alieni. Della sua predilezione per i temi cari all’antropologia l’autore aveva già dato prova nel tratteggio dei misteriosi meccanismi sociali di varie razze aliene in “Occhi di fuoco”, e nell’accanita investigazione condotta dai protagonisti de “Il segreto degli Asadi” sulla feroce ritualità antropofaga di una specie aliena ominide vittima di un inarrestabile processo involutivo. Ma entrambi questi romanzi non sfiorano la vetta raggiunta da “Il tempo è il solo nemico”.
Il sito di Michael Bishop è qui.
Chiudiamo con una nota triste ma obbligata.
Jamie Bishop, figlio di Michael, fu vittima del massacro del Virginia Polytechinc Institute il 16 aprile 2007, uno dei tanti massacri scolastici accaduti in USA. Di seguito riporto quindi il link al filmato in cui Michael descrive la sua opera di diffusione postuma dell'attività di suo figlio, che oltre al resto era un illustratore ed aveva prodotto alcune copertine dei libri paterni: http://www.usatoday.com/news/nation/2008-04-10-virginia-tech-video_N.htm.

sabato 11 aprile 2009

Il ritorno di Don Carlos Ruiz Zafòn.

Daniel Martin è uno scrittore. Daniel Martin è un giovane cresciuto in fretta, figlio di un padre disgraziato capace solo di far male a sé e a suo figlio, e di uccidere, da buon soldato. Daniel Martin, quando scrive, trasforma la profonda solitudine che perseguita la sua esistenza in un’arte giocosa e spensierata. E così, Daniel Martin si imbatte nell’invidia dei suoi colleghi presso il giornale dove lavora, e rimane ancora più solo, ma alza la testa, forte dell’affetto di pochi amici fra cui Pedro Vidal, suo mentore e amico fraterno, e il signor Sempere, il vecchio libraio. Questa lunga storia inizia così.
Ne “Il gioco dell’angelo” (vincitore del XI Premio Qué Leer de los Lectores, miglior libro spagnolo del 2008), sullo sfondo di una Barcellona che oscilla fra il gotico e il liberty, la città onirica di Gaudì e delle creature abitanti il Parc Guell, con i suoi tram, le sue avenidas e le sue stazioni, fra il colore della pittura a olio e il bianco e nero della fotografia del primo novecento, fra l’acqua di un temporale sempre incombente e quella di un mare bagnato dal sole, caricandosi di colori e sfumature che riflettono con seducente sensibilità ogni piega dell’umore e del destino del protagonista, il commovente ritorno di Carlos Ruiz Zafon (nella foto) sublima il livello del precedente “L’ombra del vento”, portando i temi della sua narrativa fino ad un parossismo schiacciante.
Non si perde una riga di questo romanzo. Ogni incipit di capitolo è un quadro, una stampa, una foto d’epoca di Barcellona. Ogni alito di vento esce dalla carta e vi sfiora il viso, ogni goccia di pioggia raffredda la pelle e ogni raggio di sole scalda lo stomaco. Le parole scivolano via sulla retina come lacrime su una parete inclinata, lasciando immagini nitide, intense, che non chiedono spiegazione. I personaggi entrano ed escono, che sia nello spazio di un paio di pagine o di capitoli, con la stessa forza, con la stessa graffiante e indelebile incisività.
Daniel Martin ama Cristina, una donna incapace di lasciarsi andare, e a lei, in un modo mai confessato, consacra la propria esistenza, tormentato da una fotografia che la ritrae bambina tenuta per mano da un misterioso uomo sulla spiaggia; ma ama anche una giovanissima, tenace Isabella, donna straripante d’identità, scrittrice anch’ella, fonte del suo continuo ritrovarsi, così come l’altra lo è del suo perdersi. E benché così diversi, questi amori vi travolgeranno per intensità, affetto, segreta attrazione o dichiarata passione.
Un giorno, Daniel Martin compra da un angelo la guarigione dal male che lo affligge, o forse inizia a combattere con un demone che in lui vive. E' un editore, un uomo misterioso, ambiguo, che si rivela via via, e contro il quale inizia una partita senza vincitori, né perdenti. Non cercate una spiegazione razionale fra i capitoli di questo romanzo, perché non la troverete (oh sì, questo sì che è il genere fantastico che amo, ma che tale non viene considerato, proprio come non viene classificato come fantastico nemmeno questo romanzo), e non arrendetevi all’apparente predominanza di una cattiva sorte che affligge lo scrittore maledetto, perché è precisamente laggiù che il perfido autore vuole portarvi, costringendovi a inseguirlo in quel dedalo che è la vita interiore del protagonista, nel tentativo continuo di ritrovare quell’energia positiva che si annusa, si percepisce, si sente, si tocca. Si perde, e si ritrova. E si perde, e si ritrova.
Daniel Martin è un uomo che combatte per la ricerca della sua identità, con gli spaventosi difetti che lo renderanno responsabile di scelte vili alle quali non riesce a sottrarsi, ma con un’incrollabile fiducia nella propria solitudine, da cui scaturiscono atti di coraggio e di altruismo. Scrittore, artista, innamorato, deluso, solitario, bisognoso, passionale, testardo, vigliacco, ridicolo, orgoglioso, leale e generoso.
Semplicemente uomo. Daniel Martin.
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Sito ufficiale dell'autore: http://www.carlosruizzafon.com/

martedì 10 febbraio 2009

La Fantascienza al femminile: Ursula Kroeber Le Guin

Si dice spesso che il genere fantastico sia dominio maschile, e di fatto è vero che la maggior parte dei lettori e degli scrittori sono uomini. Sarà forse per questo che le poche scrittrici raggiungono livelli decisamente sopra la media? E Ursula Le Guin (ottant’anni di genialità il prossimo 21 ottobre) ne è "prova scrivente". Nota bene: il cognome “Le Guin” ha origine bretone e si pronuncia esattamente così come è scritto, ovvero accentando la lettera “i” e quindi evitiamo sin d’ora il gratuito, istintivo e sgradevole francesismo.
Nota al grande pubblico più per la saga di “Earthsea” (“Terramare”), uno dei più blasonati mondi “fantasy”, dal quale è stato tratto il film d’animazione di Gorō Miyazaki (“I racconti di terramare”), la UKL che personalmente amo di più è l’autrice del ciclo dell’Ekumene, ovvero una serie di romanzi le cui storie sono ambientate in un lontano futuro in cui i pianeti terra-formati e popolati dall’uomo fanno parte della “Lega di tutti i mondi”.
A ben vedere, la grande abilità della Le Guin non sta tanto nelle trovate fantascientifiche, che, fatte salve alcune intuizioni originali riprese spesso da altri autori, come l’Ansible (un dispositivo di comunicazione interplanetario che sfrutta le onde gravitazionali e non è pertanto soggetto ai “limiti” della velocità della luce), appartengono per lo più al filone classico, ma nella capacità di coinvolgere completamente il lettore nella catena di difficoltà sistematicamente vissuta dai protagonisti come una vera e propria odissea. Spesso proiettando sulla sua umanità futura i problemi di quella del tempo, UKL obbliga il lettore a calarsi nella lotta del protagonista per la sopravvivenza in ambienti ostili dal punto di vista ambientale o razziale (“Il pianeta dell’esilio”, “Il mondo della foresta”), politico (“I reietti dell’altro pianeta”, “La mano sinistra delle tenebre”) o perché perseguitati o cacciati come minacce per nemici o aggressori (“Città delle illusioni” e anche tutti i precedenti). Non dimentichiamo che questi romanzi furono scritti negli anni ’60, dunque in anni di piena guerra fredda e dei grandi movimenti giovanili, e che pertanto risentono delle fantasie di allora sulla conquista dello spazio extraterrestre (ero bambino, e per quel poco che ricordo le rimpiango, e non poco) e della tensione razziale, sociale e politica dell’epoca a livello mondiale.
L’impianto narrativo di questi romanzi, per quanto diversi fra loro, è rappresentato dal tema del viaggio, che si configura come una fuga rocambolesca o come un’avventura disperata del protagonista, sempre sullo sfondo di un mondo che gli è fatalmente o intenzionalmente avverso. Nel primo romanzo, Rocannon fugge attraverso un mondo ignoto cui darà il suo nome, e si imbatte nei mille pericoli di una società medievale, e in “Città delle illusioni” Falk-Ramarren fugge alla ricerca della propria identità dimenticata . Ne “Il pianeta dell’esilio” è un’intera comunità che vive il suo dramma, e che si ritrova sotto assedio da parte degli indigeni del pianeta, rischiando l’estinzione in un ambiente biologicamente inospitale. “I reietti dell’altro pianeta” è una proposizione in chiave FS del conflitto USA/URSS, sul cui sfondo si svolge la drammatica storia di Shevek, il protagonista diviso fra i due mondi, ciascuno con i suoi pregi e i suoi difetti. Ne “Il mondo della foresta” l’autrice si lancia nella descrizione di una difficile convivenza fra esseri umani e indigeni umanoidi, approfondendo più di altre volte un tema a lei caro e ricorrente, ovvero la definizione dell’identità dell’essere umano. Ne “La mano sinistra delle tenebre” Genly Ai, inviato dell’ecumene, entra in contatto con una specie umanoide ermafrodita, e si ritrova anch’egli coinvolto in una disperata fuga attraverso i ghiacci del pianeta. Molto più tardiva (2000) fu la nascita dell’ultimo romanzo del ciclo, “La salvezza di Aka”, quasi una summa del pensiero utopico dell’autrice, certamente evolutosi, dopo ben ventiquattro anni dal precedente romanzo della serie. Si noti che solo in quest’ultimo caso, così distante dagli altri, la protagonista è una donna.
Le immagini di UKL provengono da una geniale e fruttuosa miscela di semplicità e realismo. Al punto tale che lo sforzo che normalmente viene chiesto al lettore di FS, la cosiddetta “sospensione dell’incredulità”, è in questo caso evidentemente minore della norma. Leggendo le storie della Le Guin, tutto ciò che avviene non è mai frutto di forzatura narrativa, e si inserisce nel mondo immaginario di turno con la semplicità del pezzo giusto in un puzzle. Lo stile è essenziale (tanto che si legge facilmente anche in inglese), tagliente, profondamente sensoriale e figurativo, e i picchi emozionali sono immancabilmente destinati, seppur al prezzo di una costante e avvincente tensione drammatica, a produrre serenità e finali positivi. Ovunque traspare una grande fiducia nell’essere umano. Se una visione così serena e ottimistica è in generale tanto rara che bisogna tornare ad Asimov per trovarne una altrettanto forte e positiva, ancor più la cosa colpisce se si pensa al periodo in cui questi romanzi furono scritti, ovvero il tempo in cui la fine del mondo era argomento del pranzo in famiglia di (quasi) tutti i giorni.
Un’ultima nota su un romanzo in particolare, che nulla ha a che vedere con i precedenti, e che pure fa parte della produzione fantascientifica più “pura” della Le Guin (immodesta definizione di un fan della FS che non ama molto il fantasy – ebbene sì, ne esistono ancora!), ovvero di tutto ciò che UKL ha scritto e non è nel ciclo di Earthsea, né nella sua produzione Low-Fantasy (“La soglia”, e poi la serie iniziata con il recente “I doni”, seguito da “Voices”, e “Powers” non ancora tradotti in italiano). Si tratta de “La Falce dei cieli”. E' la storia di un uomo che si rivolge a uno psicoterapeuta perché si accorge che i suoi sogni cambiano il corso della realtà. Un romanzo avvincente, di quelli che leggi e rileggi in una domenica, e ogni volta ti sembra la prima. Non perdetelo.
Poi, oltre a tutto questo, ci sono in realtà anche poesie, racconti, sceneggiature, saggi, traduzioni, audio-cassette, adattamenti TV, radio e teatrali. Un’artista e un’intellettuale a 360 gradi, instancabile. UKL ha vinto decine e decine di premi a livello internazionale. Tanti che non si contano.
Qui la bibliografia completa ufficiale in inglese.
Non facile trovare immagini o video di UKL. Qui c’è il link al recente reading dell’ultimo romanzo “Lavinia”, che narra dal suo punto di vista la storia della moglie di Enea. Ascoltatela. Non è amabile?
Se la fantascienza scritta al femminile è questa, speriamo che sempre più scrittrici decidano di dedicarsi al genere, perché della visione fantastica delle donne c’è un gran bisogno. Forse non solo nella fantascienza. E forse, non solo nella narrativa.


(Questo articolo è stato ripreso dagli amici del gruppo RiLL, qui )

mercoledì 21 gennaio 2009

Festival della Scienza di Roma - Giorno 3 (per me, l'ultimo)

Il terzo giorno al Festival (sabato 17 gennaio) è stato per me l’ultimo ed è stato molto breve. Peccato infatti che sia stato impossibile entrare in sala Petrassi, dove le sessioni erano davvero stimolanti. Tutto esaurito. Poco divertente anche aver visto entrare scolaresche del tutto (comprensibilmente) disinteressate agli argomenti trattati e molte persone che erano evidentemente lì perché non avevano nulla di diverso da fare, solo invogliate dal basso prezzo d’ingresso. A nulla è valso il mio parassitario appostamento ad una coppia di litigiosi fidanzati (lei lo ha obbligato a entrare con l’unico biglietto disponibile minacciando una lite furibonda e il poveretto non ha potuto che obbedire a malincuore) nella vana speranza che il biglietto andasse al prossimo bisognoso più vicino a loro (casualmente, il sottoscritto).
Che fare? Grazie a Radio Tre ho potuto ripiegare su un sunto degli eventi della giornata che è stato prodotto in occasione dei cinquanta minuti dello speciale sul festival di Radio Tre Scienza, in diretta dall’Auditorium.
Il primo ospite della trasmissione è stato il biologo evoluzionista messicano Antonio Lazcano (-l'ospite più a destra nella foto di sotto-che alle 15.00 sarebbe poi andato in sala Petrassi a presentare la sua sessione insieme a Scott Hubbard). Sapevate che Darwin era un ipocondriaco? E oggi la sua teoria dell’evoluzione si applica perfino al fenomeno dell’antibiotico-resistenza, che spiega la difficoltà attuale di cura delle epidemie di origine batterica. Lazcano è un convinto sostenitore della necessità di studiare l’RNA, fino ad oggi considerato fra le due grandi famiglie degli acidi nucleici come “il brutto anatroccolo” della genetica. Il successivo ospite è stato Carlo Rovelli (più a sinistra nella foto sotto), fisico, docente in Francia e direttore del gruppo di Gravità Quantistica, autore del libro Che cos’è il tempo, che cos’è lo spazio?”, Editore Di Renzo, che colpisce con la sua affermazione che “forse spazio e tempo non costituiscono la grammatica corretta per capire l’universo”. Secondo Rovelli inoltre la scienza deve tendere a mettere sempre in dubbio ciò che appare come la verità, e quindi è sempre ribellione all’ordine precostituito e fa paura a chi rappresenta l’autorità. A giudicare dalle vicissitudini passate da Galileo o Einstein non gli si può dar torto. Hanno chiuso la trasmissione Fernando Ferroni e Paolo De Bernardis. Ferroni, dell’Istituto Italiano di Fisica Nucleare e direttamente coinvolto nel progetto LHC (Large Hadron Collider) di Ginevra, che riferisce che in seguito al ben noto incidente consistente in un’esplosione conseguente a una fuga di elio dovrebbe riprendere a funzionare in autunno. Lo scopo dell’apparecchiatura è, oltre alla ben nota ricerca della dimostrazione dell’esistenza del bosone di Higgs, lo studio di materia ed energia oscura, che rappresentano ben il 96% dell’universo (più precisamente il 20% materia oscura e il 75% energia oscura). In altre parole, oggi conosciamo solo il 4% dell’universo. Infine Paolo De Bernardis che torna sul progetto BOOMERANG, su cui maggiori dettagli sono disponibili nella parte finale del precedente post sul giorno 2 del Festival.

sabato 17 gennaio 2009

Festival della Scienza, Auditorium Roma 15-18 gennaio - Giorno 1


La scienza è una delle due metà che formano la fantascienza; è vero per le parole, è vero nei fatti.
Si è aperto giovedì 15 gennaio a Roma il Festival della Scienza, dedicato quest’anno all’Universo. Ho assistito alla sessione delle 18.00, nella quale sono stati ricordati due grandi studiosi dell’Universo, Galileo Galilei (da parte di Enrico Bellone, fisico e ordinario di Storia della Scienza) e Albert Einstein (da parte di David Kaiser, USA, anch’egli fisico e storico della scienza), entrambi perseguitati dal potere politico del loro tempo. Mi è piaciuta l’osservazione del Prof. Bellone sulla profonda attualità della vicenda processuale di Galileo, con esplicito riferimento alle responsabilità attuali della Chiesa nei freni posti al progresso scientifico, essendo il Vaticano distante non più di sei chilometri dalla gremita Sala Petrassi dell'Auditorium della Musica di Roma, sede dell’incontro. Quest'anno cade il quattrocentesimo anniversario delle prime osservazioni compiute con il cannocchiale ad appena 8 ingrandimenti. Albert Einstein invece fu notoriamente perseguitato dai nazisti, i quali cercarono di screditare la teoria della relatività generale (fino al divieto del suo insegnamento nel 1933 in Germania) rallentandone la diffusione; ma non è forse altrettanto noto che che successivamente alla fine della seconda guerra mondiale fu sorvegliato e perseguitato dall’FBI statunitense per via della sua propensione pacifista, socialista e anti-maccartista (consigliata la lettura in merito di The Einstein File di F. Jerome). Sapevate poi che durante la I Guerra Mondiale la diffusione della teoria della Relatività Generale in Gran Bretagna avvenne grazie a Arthur Eddington, astrofisico, obiettore di coscienza (in quanto quacchero) e quindi “forzato” alla ricerca scientifica come Servizio Sostitutivo a quello Militare? (Ebbene sì, lì esisteva già allora). Lo scienziato inglese intratteneva infatti una fitta corrispondenza scientifica con Einstein consentita dal fatto che questi si recava spesso in Olanda, stato neutrale, da dove era in grado di comunicare con lui.
Una materia davvero affascinante, la storia della scienza.
Successivamente ho potuto assistere a una parte della coinvolgente presentazione del progetto Virtual Telescope nato nel settembre del 2006 da un’idea di Gianluca Masi, astrofisico e (grande e chiarissimo) comunicatore scientifico. Un uomo innamorato del suo lavoro. Il progetto consiste essenzialmente in un telescopio a controllo remoto, utilizzabile via Internet da ricercatori, curiosi e studenti.


l Festival delle scienze di Roma, giorno 2 – UNIVERSI PARALLELI? CHI HA DETTO CHE E' SOLO FANTASCIENZA?


Oggi, venerdì 16 gennaio, alle 16.00, in una sala Petrassi che continua ad essere stracolma (anche grazie alla saggia scelta di un costo di ingresso di 1 € - sì, non è un refuso, UN euro), Giulio Giorello ha introdotto la superba relazione di Alexander Vilenkin, Professore di fisica e Direttore dell’Istituto di Cosmologia dell’Università di Tuft (USA). Transfuga dall’URSS nel 1976 (perseguitato dal KGB, è proprio destino dei fisici essere oggetto di accanimento del potere di turno!), autore di “Un solo mondo o infiniti?” (Raffaello Cortina editore) è il principale assertore della teoria dell’inflazione cosmica di Alan Guth (1980). In sostanza per rispondere a quesiti rimasti senza risposta nella teoria del Big Bang la teoria inflazionaria ipotizza come matrice dell’universo uno stato di “falso vuoto”, ovvero una condizione di vuoto ad alta energia, avente altissima densità, e in cui la forza di gravità è esclusivamente repulsiva; si tratta di uno stato altamente instabile, che si espande per raddoppi successivi (l’inflazione cosmica) decrescendo in densità, energia e temperatura. Secondo la teoria, in questo falso vuoto, per effetto della natura quantistica-probabilistica del processo, non vi è un unico Big Bang ma bensì la formazione di diverse “bolle”, ciascuna delle quali origina un universo. Il numero di bolle è infinito, ma il numero di storie all’interno di una singola bolla, benché elevatissimo e difficilmente concepibile (10 alla 10 alla 150), è finito, in quanto frutto di probabilità quantistica. Insomma, il punto è che si teorizza così che in un numero infinito di universi vi sarà ogni possibile flusso storico (!). Si parla quindi del “multiverso” come matrice di infiniti universi; peccato solamente che non sia possibile alcuna interazione fra i vari universi. Solo una teoria? Tutt’altro; le osservazioni compiute dal satellite WMAP hanno dato conferma dell’imprint delle “bolle” nella radiazione cosmica di fondo.
Ora una parte molto interessante.
Poiché le variabili fisiche (particelle e quant’altro) nei vari universi avranno grandezze e valori diversi, solo in alcuni casi esse saranno tali da generare una chimica degli elementi che possa consentire la vita. Con buona pace dei creazionisti, che strumentalizzano e distorcono questa teoria affermando che il nostro universo, contenente la vita, non possa che essere il risultato di una scelta divina fra gli infiniti universi possibili. In realtà infatti, ogni singolo universo si genera dal falso vuoto nell’ambito di un processo che ha natura probabilistica, ed è pertanto causale per definizione, così come le sue caratteristiche, anche quando, come nel nostro caso, esse consentono la vita.
Alle 17.00 un rapido passaggio in Teatro Studio, dove Marcello Corradini, responsabile ESA delle missioni nel sistema solare apre con Francesco Trabucco, Professore di Design e Responsabile scientifico di Spacelab, una tavola rotonda cui partecipa anche Tommaso Pincio, scrittore, moderata da Sylvie Coyaud e introdotta da Vincenzo Vomero. Si discute la plausibilità di una prossima missione umana su Marte, con tutte le difficoltà del caso, mentre scorrono alle spalle dei conferenzieri le immagini di film, da “Flash Gordon alla conquista di Marte” del 1938 a “Pianeta Rosso” del 2000. Mi piace l’ottimismo di Corradini e Trabucco, che confidano che presto o tardi l’uomo metterà piede sul pianeta, perché è una cosa totalmente inutile e irrazionale, e perché “è nella natura dell’uomo fare cose irrazionali”.
Alle 18.00 infine di nuovo una Sala Petrassi gremita, dove trovo uno degli ultimi biglietti in galleria, per seguire la sessione presentata da Marco Cattaneo (Direttore di “Le Scienze”) che ha per relatori Paolo De Bernardis, Docente di Fisica alla Sapienza di Roma, e Max Tegmark cosmologo svedese, del Dipartimento di Fisica del MIT. Il Prof. De Bernardis è il responsabile del progetto Boomerang, ovvero di un esperimento di grande successo di osservazione stratosferica della radiazione cosmica di fondo con telescopio a micro-onde. Il pallone fu lanciato il 29 dicembre 1998 in Antartide. In questo modo De Bernardis è arrivato al limite estremo del passato dell’universo, ovvero a 14 miliardi di anni luce dalla terra. Fra pochi mesi l’osservazione sarà eseguita da satellite (progetto PLANCK), con ulteriore contenimento dell’interferenza ambientale. Max Tegmark lascia infine tutti con il fiato sospeso proiettando filmati e simulazioni con cui trascina l’intera sala in un vorticoso viaggio nel cosmo, e ricordandoci quanto poco sappiamo ancora delle meraviglie che ci ha mostrato, in particolare della materia oscura e dell’energia oscura.
I biglietti per le interessanti sessioni di domani, sabato, sono esauriti. Ma chissà.

venerdì 9 gennaio 2009

“L'intelligenza, senza la capacità di dare o ricevere affetto, porta alla nevrosi e forse anche alla psicosi…”

E’ davvero una delle letture migliori in cui ci si possa imbattere, il romanzo “Fiori per Algernon”, ricavato dall’omonimo racconto firmato dallo stesso autore.

Un po’ di storia, in breve. Il racconto originario fu pubblicato nel 1959 nella rivista The Magazine of Fantasy & Science Fiction e nello stesso anno vinse il Premio Hugo, che l’autore ricevette dalle mani di Isaac Asimov in persona, che si disse molto colpito dalla narrazione. Il successivo romanzo venne pubblicato nel 1966 e in questo formato la storia vinse anche il Premio Nebula. Da allora è stato tradotto e pubblicato in ogni angolo del pianeta. Per motivi che l’autore stesso non sa spiegarsi, il paese al mondo in cui ha avuto maggior successo è stato il Giappone.

Il protagonista è Charlie Gordon, uno sfortunato uomo affetto da una cerebropatia che rende la sua intelligenza simile a quella di un bimbo di pochi anni d’età. In seguito ad un rivoluzionario intervento neuro-chirurgico in cui accetta di prestarsi come cavia, Charlie subisce un’accelerazione del suo sviluppo cerebrale e aumenta progressivamente la sua intelligenza, arrivando a livelli inattesi di genialità. La storia è narrata parallelamente a quella di Algernon, un topolino di laboratorio su cui l’esperimento è stato condotto prima che sull’uomo.
Il romanzo descrive in forma di diario personale l’evoluzione del protagonista che si scopre a ricordare e rielaborare tutti i ricordi della sua infanzia e del periodo in cui era considerato un idiota dalla maggior parte di coloro che lo circondavano, e a vivere esperienze completamente nuove, fino a cimentarsi nel difficile rapporto con le donne.

Vi sono indubbiamente spunti provenienti dalla psicanalisi classica, verso i quali il lettore deve armarsi di indulgenza, e nei confronti di cui non si può non notare a tratti un tono critico. In un’intervista, disponibile in formato audio (vedere oltre) l’autore riconosce infatti che la teoria di Freud è ormai superata, ma attribuisce alla propria esperienza in psicanalisi la scoperta dell’inconscio come parte essenziale della comprensione del mondo, e fonte continua di immagini, che egli utilizzò per essere uno scrittore.
In effetti, si coglie nella commovente storia di Charlie un’interessante rappresentazione del binomio affetti/intelligenza, nel tentativo continuo e rischioso di dare una definizione dell’identità dell’essere umano.
Ed è così che Charlie, sviluppando sempre di più la sua intelligenza razionale, la conoscenza scientifica, la logica, sembra perdere progressivamente quelle capacità affettive che pur nel ritardo mentale erano prima integre, fin quasi ad essere spaventato dai limiti di un’intelligenza sì enorme, ma fredda e senza affettività.
E così, come un fiore che si schiuda via via nella lettura, si viene colpiti all’improvviso dall’intuizione dello scrittore, limpida come una corolla ormai spalancata, che si percepisce esser nata nel pieno scorrere della sua stessa composizione artistica:

"Gliela offro come un'ipotesi: l'intelligenza, senza la capacità di dare o ricevere affetto, porta a un tracollo mentale e morale, alla nevrosi e forse anche alla psicosi. E io dico che la mente assorta e chiusa in se stessa come un fine centrato nell'io, a esclusione dei rapporti umani, può condurre soltanto alla violenza e al dolore..."

Non si può non ravvisare in queste righe un’intuizione profonda sull’identità umana, che costringe ad un quesito fondamentale: è l’intelligenza, quella misurata dal Q.I., quella che Charlie vuole aumentare, a definire cosa sia un essere umano? O è tutt’altro?

Stilisticamente il libro cattura senza scampo e si consuma (purtroppo!) in poche ore.
L’io narrante trascina fra le righe e le pagine, il livello narrativo non cede mai alla banalizzazione, l’identificazione con il protagonista è necessaria, intensa, sconvolgente.
E al di là della critica che si potrebbe fin troppo facilmente muovere ad un pensiero di fondo esistenzialista che si può e si deve non condividere, l’autore arriva molto in profondità, e ci tocca dentro con una penna rapida e sottile che graffia, addolora e intenerisce.

La fantascienza che preferisco, quella che catturerà inesorabilmente anche il lettore non legato al genere, quella che non fa differenza fra un amante del fantastico e un lettore nel senso più classico e costringe a sentire, e pensare.

L’edizione italiana:
Daniel Keyes, Fiori per Algernon (tit. orig. Flowers for Algernon)
Traduzione di Bruno Oddera - ISBN 88-429-1381-2 2005 - Casa Editrice Nord - Milano

E ora qualche spunto decisamente interessante. L’autore (sito ufficiale qui) è tornato a trattare l’intramontabile vicenda alla base del romanzo nel più recente "Algernon, Charlie and I: A Writer's Journey", (qui).
A questo (Daniel Keyes Interview) indirizzo è inoltre possibile ascoltare un’intervista del 2000 a Daniel Keyes. L’autore svela alcuni interessanti retroscena della genesi della storia, avvenuta nel lontano 1959.
Ah, Vi prego di notare che Daniel Keyes è nato nel 1927.
La scintilla che accese la fantasia dell’autore è rappresentata da una serie di stimolanti aneddoti che dimostrano l’intima connessione fra la fantasia della creazione narrativa e la sua vita personale.
Mentre sin da bambino aveva sempre voluto essere uno scrittore, i suoi genitori desideravano che diventasse un medico, e così un giorno Daniel si ritrovò a sezionare un topolino in laboratorio. Con orrore, scoprì che il topolino, che era una femmina, era incinta di tre nascituri, e questo episodio lo sconvolse. Lo stesso giorno, durante la lezione di inglese, Daniel lesse poesie di Algernon Charles Swinburne, e fu colpito dalla stranezza del suo nome.
Ma la scrittura della storia era ancora molto lontana, e avvenne solo in seguito alla decisione di abbandonare definitivamente i detestati studi di medicina per essere un vero scrittore. Per poter avere una fonte di guadagno, Daniel fu insegnante di scrittura creativa a New York; parallelamente a questo corso gli vennero anche affidate due classi di studenti affetti da ritardo mentale. Fu in occasione di una lezione in una di queste che uno dei suoi studenti lo fulminò con la domanda: “Mister Keyes, questa è una classe per stupidi, non è vero?” che lo disarmò, e alla quale egli trovò enorme difficoltà a rispondere; lo stesso ragazzo disse poi che lui avrebbe voluto essere intelligente, e chiese se, qualora lo fosse diventato, fosse possibile esser trasferito in una classe normale. Daniel sentì quanto il ragazzo tenesse a diventare intelligente. Ancora oggi, l’autore afferma che senza quella domanda, che lo toccò così profondamente, il racconto (e quindi il romanzo) non sarebbe mai nato.

Ecco che nella realtà da cui è stata tratta la finzione narrativa ritorna prepotentemente la domanda di sopra: cosa rende l’essere umano tale? La sua intelligenza o piuttosto il desiderio di essa, l’aspirazione ad essa? Perché Charlie, che tutto sommato vive tranquillo e accudito da chi gli vuol bene, pretende di essere intelligente? E perché lo studente di D. Keyes si alzò per fare quella domanda?

Da una storia così coinvolgente non potevano non essere tratti adattamenti cinematografici e televisivi, pochi per la verità disponibili in italiano.
Il primo fu il film “Charlie”, del 1968, con Cliff Robertson (Oscar 1968 come miglior attore protagonista), che in realtà seguì la serie TV del 1961 con lo stesso attore (“The two worlds of Charlie Gordon”); in seguito, nel 2000, il film TV “Flowers for Algernon”, prodotto dalla CBS, con Matthew Modine come protagonista. Nell’intervista citata, Daniel Keyes afferma di essersi commosso nella visione di quest’ultimo adattamento, con il quale sostiene sia stato catturato il vero spirito della storia.