“Rotta di collisione”, del recentemente scomparso Barrington J. Bayley (1937-2008), è uno dei vecchi romanzi della serie Cosmo (1978, v.o. 1973) che mi strizzavano l’occhio dalle bancarelle in fiera durante il Salone del Libro Usato di Milano dello scorso dicembre.
Ancora una volta, a farla da padrone in questa storia è il Tempo.
In un futuro remoto, o forse alternativo, La Terra è dominata da una casta assimilabile ai nazisti, i Titani, propugnatori del culto ideologico del “Vero Uomo”, e artefici di una discriminazione razziale senza precedenti, che obbliga a reputare e classificare come sub-umani o non-umani tutti coloro che risultano non conformi ai canoni della razza. Che sia per motivi di mutazione genetica o di semplice appartenenza ad altre etnie, questi individui sono chiamati “Dev” (Devianti), e la loro unica speranza è rappresentata dalla Lega Panumana, una società clandestina di sovversivi che credono nell’uguaglianza fra tutti gli uomini.
In un simile clima, oggetto di controversia culturale e storica diviene pertanto il ritrovamento di siti archeologici di origine indubbiamente aliena, e risalenti a periodi storici che sarebbero stati caratterizzati dall’occupazione da parte di misteriosi extra-terrestri. Ad essi i Titani imputano la responsabilità di guerre e massacri avvenuti nel passato, e da cui sarebbero scaturite le razze Dev. Su possibili nuove invasioni aliene, oltre che sul culto del Vero Uomo a discapito delle razze sub-umane, si basa quindi una enfatica propaganda dei Titani, che esaltano il mito della “Terra e del Sangue”, e dell’appartenenza di diritto della Terra ai soli “ Veri Uomini”.
Il dibattito storico raggiunge il suo apice in conseguenza della clamorosa scoperta che le fotografie dei siti archeologici del passato mostrano gli stessi resti e i manufatti alieni in condizioni peggiori che nel tempo presente. A ciò si aggiunge la scoperta che gli alieni sono in grado di viaggiare nel tempo. Come conseguenza di ciò, i timori dei Titani aumentano. Attraverso una spedizione diretta trecento anni nel passato a bordo di un “trasporto temporale” costruito sul modello di un simile mezzo sottratto agli alieni stessi, il protagonista, l’archeologo Rond Heshke, ottiene la conferma che in effetti i manufatti alieni mostrano un’evoluzione temporale invertita rispetto a quella umana: con lo scorrere del tempo, essi diventano più “nuovi”, ringiovaniscono.
Emerge così l’amara verità: gli alieni sono in realtà dei terrestri che vivono nel futuro, e il cui tempo scorre in senso inverso a quello degli esseri umani. Ciò che per i Titani è il futuro, per gli alieni è il passato, e viceversa. Le due onde temporali procedono l’una contro l’altra seguendo una sicura rotta di collisione a quattrocento anni di distanza reciproca, e lo scontro catastrofico finale è dunque previsto entro duecento anni. La conseguenza: l’annichilazione del Tempo e la fine della vita sul pianeta. Si profila così una guerra fra i Titani e gli alieni (che altro non sono in realtà che terrestri non umani), condotta lungo la linea temporale comune alle due civiltà. Le sole speranze di salvezza risiedono in una misteriosa città stellare abitata da una razza Dev straordinariamente evoluta (che con profetica intuizione corrisponde ai cinesi).
In una breve post-fazione, l’autore precisa di essersi ispirato alle teorie sul tempo di John William Dunne (pioniere dell’aviazione e filosofo, 1875-1949). La interessante peculiarità della descrizione del Tempo fornita in questa storia è rappresentata dalla sua relatività estrema, ovvero, potremmo dire, spaziale. In sostanza, l’intero universo giace in una condizione di staticità, ovvero di non-tempo. In una simile matrice, la nascita di specifiche zone caratterizzate dallo svolgersi di un flusso temporale avviene eccezionalmente e localmente, ed è sempre associata alla presenza di vita senziente. Sulla terra in particolare si è verificata, in maniera del tutto casuale, una circostanza ancor più singolare: la nascita di due flussi di tempo che scorrono in direzione eguale e contraria, ovvero accomunati da una stessa linea di sviluppo, ma aventi senso vettoriale opposto. Nella storia narrata, in effetti, le due civiltà presenti sulla Terra corrispondono ciascuna ad un’ ”onda temporale”, con un fronte del presente che si sposta lungo una sola retta. Il passato ed il futuro relativi di ciascuna “onda” sono statici, ovvero privi di vita, nel senso che il passato perde la coscienza del tempo dopo il passaggio dell’onda (quando cioè in ogni istante il presente diventa passato) e il futuro la acquista al suo arrivo (quando cioè ogni istante futuro diventa presente). Vi sono quindi due linee del Presente (quella umana e quella aliena) che si spostano l’una verso l’altra, e che perciò tendono ad annichilirsi reciprocamente ripristinando anche sulla Terra la generale staticità (non-vita) dell’intero universo.
E’ certamente stimolante l’idea dell’associazione tempo-vita. Solo in presenza di vita intelligente infatti, si può parlare di percezione e coscienza del tempo. In un passaggio del romanzo viene però precisato che non è la presenza di vita a causare il tempo, come sarebbe intuitivo supporre, ma l’esatto opposto: l’onda vitale di coscienza nasce in conseguenza dell’onda temporale (per questa ragione tanto la strategia dei Titani di bombardare il futuro con l’atomica, quanto quella degli alieni di disseminare malattie nel passato umano, si preannunciano fallimentari – lo scontro letale fra le due onde avverrà comunque). Ed è così che alla suggestiva ipotesi del tempo come creazione dell’intelligenza si sostituisce un vago senso di predeterminazione: non è l’essere umano (o comunque intelligente) a “inventare” il tempo, ma il tempo fa scaturire la vita dotata di intelligenza.
Un’intelligenza definita comunque prevalentemente come “coscienza”, con riferimenti solo vaghi e accennati all'influenza dell’inconscio sulla sensazione dello scorrere del tempo: benché il viaggio nel passato statico (nel quale è impossibile modificare gli eventi già accaduti, o persino interagire con i suoi “abitanti”, che ripercorrono come una traccia già svolta gli eventi accaduti) o nel futuro ancora desertico (che attende il passaggio dell’onda temporale che vi porterà abitanti vivi e coscienti) abbiano un sapore, a tratti esplicitamente descritto, di fenomeno metafisico, ibrido fra lo spostamento materiale e il percorso inconscio, su tutto ciò prevale un automatismo che lascia poco spazio alla creatività e al cambiamento. Il che non stupisce, se si osserva che le speculazioni di J. W. Dunne sul tempo nacquero da una presunta esperienza personale di premonizione in sogno di un evento che poi accadde realmente (l'eruzione del monte Pelée, nella Martinica, nel 1902); secondo Dunne (ma a questo livello di dettaglio Bayley nel romanzo in questione non arriva) la vita cosciente è limitata dunque alla percezione del presente (l’onda temporale), mentre a livello inconscio sarebbe possibile visualizzare passato, presente e futuro come un unicum (ricordate il protagonista di Vagabondo delle Stelle di Jack London?). Prospettiva interessante, se non fosse per il fatto che riduce la portata del sogno (o meglio dell’inconscio che essi rappresentano) ad una specie di super-coscienza, una sorta di percezione ultra-potenziata, privata cioè dei limiti della coscienza vigile, ma anche del tutto priva di creatività; prospettiva, inoltre, che relega alla sola coscienza la capacità di modificare il presente.
Lo stile (stando almeno alla traduzione di G. Cossato e S. Sandrelli) è quello piuttosto datato che ricorda a tratti un Heinlein d’annata, e contribuisce a rendere efficacemente le atmosfere della FS degli anni settanta, con caratterizzazioni ambientali che fanno talora sorridere ma inducono una romantica nostalgia.
Nostalgia… di un tempo che forse abbiamo visto in sogno?
Ancora una volta, a farla da padrone in questa storia è il Tempo.
In un futuro remoto, o forse alternativo, La Terra è dominata da una casta assimilabile ai nazisti, i Titani, propugnatori del culto ideologico del “Vero Uomo”, e artefici di una discriminazione razziale senza precedenti, che obbliga a reputare e classificare come sub-umani o non-umani tutti coloro che risultano non conformi ai canoni della razza. Che sia per motivi di mutazione genetica o di semplice appartenenza ad altre etnie, questi individui sono chiamati “Dev” (Devianti), e la loro unica speranza è rappresentata dalla Lega Panumana, una società clandestina di sovversivi che credono nell’uguaglianza fra tutti gli uomini.
In un simile clima, oggetto di controversia culturale e storica diviene pertanto il ritrovamento di siti archeologici di origine indubbiamente aliena, e risalenti a periodi storici che sarebbero stati caratterizzati dall’occupazione da parte di misteriosi extra-terrestri. Ad essi i Titani imputano la responsabilità di guerre e massacri avvenuti nel passato, e da cui sarebbero scaturite le razze Dev. Su possibili nuove invasioni aliene, oltre che sul culto del Vero Uomo a discapito delle razze sub-umane, si basa quindi una enfatica propaganda dei Titani, che esaltano il mito della “Terra e del Sangue”, e dell’appartenenza di diritto della Terra ai soli “ Veri Uomini”.
Il dibattito storico raggiunge il suo apice in conseguenza della clamorosa scoperta che le fotografie dei siti archeologici del passato mostrano gli stessi resti e i manufatti alieni in condizioni peggiori che nel tempo presente. A ciò si aggiunge la scoperta che gli alieni sono in grado di viaggiare nel tempo. Come conseguenza di ciò, i timori dei Titani aumentano. Attraverso una spedizione diretta trecento anni nel passato a bordo di un “trasporto temporale” costruito sul modello di un simile mezzo sottratto agli alieni stessi, il protagonista, l’archeologo Rond Heshke, ottiene la conferma che in effetti i manufatti alieni mostrano un’evoluzione temporale invertita rispetto a quella umana: con lo scorrere del tempo, essi diventano più “nuovi”, ringiovaniscono.
Emerge così l’amara verità: gli alieni sono in realtà dei terrestri che vivono nel futuro, e il cui tempo scorre in senso inverso a quello degli esseri umani. Ciò che per i Titani è il futuro, per gli alieni è il passato, e viceversa. Le due onde temporali procedono l’una contro l’altra seguendo una sicura rotta di collisione a quattrocento anni di distanza reciproca, e lo scontro catastrofico finale è dunque previsto entro duecento anni. La conseguenza: l’annichilazione del Tempo e la fine della vita sul pianeta. Si profila così una guerra fra i Titani e gli alieni (che altro non sono in realtà che terrestri non umani), condotta lungo la linea temporale comune alle due civiltà. Le sole speranze di salvezza risiedono in una misteriosa città stellare abitata da una razza Dev straordinariamente evoluta (che con profetica intuizione corrisponde ai cinesi).
In una breve post-fazione, l’autore precisa di essersi ispirato alle teorie sul tempo di John William Dunne (pioniere dell’aviazione e filosofo, 1875-1949). La interessante peculiarità della descrizione del Tempo fornita in questa storia è rappresentata dalla sua relatività estrema, ovvero, potremmo dire, spaziale. In sostanza, l’intero universo giace in una condizione di staticità, ovvero di non-tempo. In una simile matrice, la nascita di specifiche zone caratterizzate dallo svolgersi di un flusso temporale avviene eccezionalmente e localmente, ed è sempre associata alla presenza di vita senziente. Sulla terra in particolare si è verificata, in maniera del tutto casuale, una circostanza ancor più singolare: la nascita di due flussi di tempo che scorrono in direzione eguale e contraria, ovvero accomunati da una stessa linea di sviluppo, ma aventi senso vettoriale opposto. Nella storia narrata, in effetti, le due civiltà presenti sulla Terra corrispondono ciascuna ad un’ ”onda temporale”, con un fronte del presente che si sposta lungo una sola retta. Il passato ed il futuro relativi di ciascuna “onda” sono statici, ovvero privi di vita, nel senso che il passato perde la coscienza del tempo dopo il passaggio dell’onda (quando cioè in ogni istante il presente diventa passato) e il futuro la acquista al suo arrivo (quando cioè ogni istante futuro diventa presente). Vi sono quindi due linee del Presente (quella umana e quella aliena) che si spostano l’una verso l’altra, e che perciò tendono ad annichilirsi reciprocamente ripristinando anche sulla Terra la generale staticità (non-vita) dell’intero universo.
E’ certamente stimolante l’idea dell’associazione tempo-vita. Solo in presenza di vita intelligente infatti, si può parlare di percezione e coscienza del tempo. In un passaggio del romanzo viene però precisato che non è la presenza di vita a causare il tempo, come sarebbe intuitivo supporre, ma l’esatto opposto: l’onda vitale di coscienza nasce in conseguenza dell’onda temporale (per questa ragione tanto la strategia dei Titani di bombardare il futuro con l’atomica, quanto quella degli alieni di disseminare malattie nel passato umano, si preannunciano fallimentari – lo scontro letale fra le due onde avverrà comunque). Ed è così che alla suggestiva ipotesi del tempo come creazione dell’intelligenza si sostituisce un vago senso di predeterminazione: non è l’essere umano (o comunque intelligente) a “inventare” il tempo, ma il tempo fa scaturire la vita dotata di intelligenza.
Un’intelligenza definita comunque prevalentemente come “coscienza”, con riferimenti solo vaghi e accennati all'influenza dell’inconscio sulla sensazione dello scorrere del tempo: benché il viaggio nel passato statico (nel quale è impossibile modificare gli eventi già accaduti, o persino interagire con i suoi “abitanti”, che ripercorrono come una traccia già svolta gli eventi accaduti) o nel futuro ancora desertico (che attende il passaggio dell’onda temporale che vi porterà abitanti vivi e coscienti) abbiano un sapore, a tratti esplicitamente descritto, di fenomeno metafisico, ibrido fra lo spostamento materiale e il percorso inconscio, su tutto ciò prevale un automatismo che lascia poco spazio alla creatività e al cambiamento. Il che non stupisce, se si osserva che le speculazioni di J. W. Dunne sul tempo nacquero da una presunta esperienza personale di premonizione in sogno di un evento che poi accadde realmente (l'eruzione del monte Pelée, nella Martinica, nel 1902); secondo Dunne (ma a questo livello di dettaglio Bayley nel romanzo in questione non arriva) la vita cosciente è limitata dunque alla percezione del presente (l’onda temporale), mentre a livello inconscio sarebbe possibile visualizzare passato, presente e futuro come un unicum (ricordate il protagonista di Vagabondo delle Stelle di Jack London?). Prospettiva interessante, se non fosse per il fatto che riduce la portata del sogno (o meglio dell’inconscio che essi rappresentano) ad una specie di super-coscienza, una sorta di percezione ultra-potenziata, privata cioè dei limiti della coscienza vigile, ma anche del tutto priva di creatività; prospettiva, inoltre, che relega alla sola coscienza la capacità di modificare il presente.
Lo stile (stando almeno alla traduzione di G. Cossato e S. Sandrelli) è quello piuttosto datato che ricorda a tratti un Heinlein d’annata, e contribuisce a rendere efficacemente le atmosfere della FS degli anni settanta, con caratterizzazioni ambientali che fanno talora sorridere ma inducono una romantica nostalgia.
Nostalgia… di un tempo che forse abbiamo visto in sogno?
2 commenti:
Dvresti provare,dello stesso autore,"La grande ruota",sul gioco e la fortuna...
Grazie della dritta, Roberto, e benvenuto, lo cercherò. A presto.
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