sabato 9 gennaio 2010

Il Grande Tempo.

“Non avete mai avuto dubbi sulla vostra memoria, poiché vi pare che non vi dia, da un giorno all’altro, uno stesso e identico ritratto del passato? Non avete mai temuto che la vostra personalità stesse cambiando per opera di forze che sfuggono alla vostra conoscenza e al vostro controllo? Non avete mai avuto l’impressione che una morte improvvisa, inspiegabile, fosse in agguato? E non avete mai avuto paura dei Fantasmi… non mi riferisco a quelli descritti nei libri di favole, ma ai miliardi di esseri umani che un tempo erano così reali, così forti, che stentate a credere che si limitino a dormire per sempre, innocui? E non vi siete mai chiesti la natura di quegli esseri che potreste chiamare diavoli o Démoni: spiriti capaci di muoversi su tutta la distesa del tempo e dello spazio, di penetrare nel cuore incandescente delle stelle e nel gelido scheletro di spazio che separa tra loro le galassie?
Non avete mai pensato che l’intero universo non sia altro che un sogno folle e confusionario?
Ebbene, se lo avete fatto, avete avuto sentore dell’esistenza della Guerra del Cambio.”
Greta Forzane, intrattenitrice.

Prendete una ventinovenne di Chicago, un soldato dell’antica Roma, un ufficiale nazista proveniente da un Reich padrone del mondo, una cinquantenne del futuro ringiovanita con tecniche estetiche, una crocerossina della prima guerra mondiale morta due volte, un pianista del Mississippi di un’America senza guerra di secessione, un medico russo sempre ubriaco, un tenente inglese che è anche poeta, una matriarca dell’antica Creta, un lunare pluritentacolare di un miliardo di anni fa e infine un satiro venusiano di un miliardo di anni fra, e rinchiudeteli in una stanza al di fuori del flusso del tempo.
Una miscela così ardita decadrà in una psicosi delirante oppure, senza vie di mezzo, schiuderà la genesi di un capolavoro. Questo bivio da cui originano opposte direzioni è anche ciò che si pone al giudizio del lettore: un romanzo simile si ama o si odia. Chi scrive è entrato nel primo gruppo sin dalle pagine iniziali de “Il grande tempo” di Fritz Leiber (1910-1992), figlio di attori shakespeariani e appassionato cultore di teatro.
Realizzata infatti con stile chiaramente teatrale nella forma e nell’ambientazione, l’intera storia si svolge all’interno di una grande stanza (Il Locale) che serve per puro intrattenimento dei Soldati che combattono la guerra al servizio dei Ragni contro gli Scorpioni. Il Locale si trova al di fuori dal flusso del tempo, e il suo unico collegamento con esso è la Porta, che può apparire in posizioni diverse. Grazie allo strumento che ne governa il funzionamento (il Mantenitore) in caso di emergenza il Locale può introvertirsi, ovvero sopprimere ogni collegamento con il Tempo. Un atto equivalente a una fuga disperata o una diserzione.
Sia gli Intrattenitori che i Soldati sono defunti ai quali è stato proposto il reclutamento da parte dei Ragni. Dèmoni, a loro modo più fortunati degli Zombie (i vissuti nel passato) e dei Nascituri (i vissuti nel futuro). La Guerra del Cambio è combattuta da ciascuna delle due fazioni con lo scopo di volgere il flusso della storia a proprio favore. In conseguenza dell’affastellarsi dei mutamenti così indotti, il Vento del Cambio spira senza sosta, e finisce per influenzare l’esistenza pregressa e futura dei protagonisti, che possono così aver vissuto più di una vita, ed essere periti più di una volta e in diverse circostanze.
La tensione sale già nelle prime pagine: tre Soldati fanno il loro ingresso portandosi una valigetta contenente una bomba nucleare, e poco dopo il Locale viene misteriosamente introvertito. La bomba viene attivata dal nazista indispettito e pronto a tutto, Erich, per esortare il misterioso artefice di quella che considera una diserzione collettiva a ripristinare il collegamento con il tempo. Hanno così inizio i trenta minuti mancanti all’esplosione.
Ritmo serrato, stile e trama tanto semplici quanto trascinanti. Rapide e brevi pennellate abbozzano appena un mondo immaginario, il Grande Tempo, che il lettore coglie però nella sua interezza, come se venisse descritto in ogni dettaglio. I personaggi si amalgamano come tasselli di un mosaico, e si producono in dialoghi brillanti e quanto mai adatti ad un palcoscenico. La loro diversità diventa cemento per la narrazione e pretesto per efficaci spunti umoristici, come nel dialogo fra l’inglese shakespeariano di Sid e la parlata volgare dell’alieno di Venere, Sevensee, che “ha imparato la lingua da uno scaricatore di porto” e prorompe in battute che spezzano la tensione con la puntualità della miglior commedia. L’io narrante femminile, Greta, sempre pronta a usare la sua angoscia per sedurre, e a suo modo innamorata di Erich (sì, il nazista), addolcisce le asperità dei protagonisti, che loro malgrado giocano con la morte e con il destino proprio e di tutto il genere umano. Le esigenze di individui che sono stati e desiderano ancora essere umani irrompono in monologhi che costringono di continuo a cambiare il punto di vista sulla situazione, e la presenza di alieni dalle forme spaventose non disturba, anzi consolida la scena e la vivacizza.
Una vera commedia drammatica di genere fantascientifico, in senso stretto, in cui gli eccessi di romanticismo sono temperati da uno humor nero, sottile e ininterrotto.
Si può condurre una scena simile, in atto unico, per centinaia di pagine e senza annoiare, anzi, accelerando fino all’ultima riga? Questo romanzo, sebbene al prezzo di un finale che appare in effetti amputato, sembra esserne le prova.
Ma in realtà la questione non finisce qui.
Il libro (Editrice Nord 1975 - Cosmo serie Oro, altro fortunato acquisto presso il Salone del Libro Usato di Milano ) contiene anche un racconto, intitolato “Non è affatto un miracolo”, un vero omaggio al teatro e a chi vi ha dedicato la propria vita. Non mancate di leggerlo. Vi ritroverete piacevolmente confusi: all’inizio supporrete che l’autore abbia voluto svelare la vera fonte d'ispirazione dei personaggi della storia precedente, confessando e descrivendo la vita quotidiana e il mestiere dei bravi teatranti che l’hanno incarnata, talora invece sospetterete che il Grande Tempo stia continuando a scorrere fra quelle pagine, e che proprio come i Dèmoni suoi protagonisti, il romanzo possa vivere oltre la propria fine.
Ma non sarò certo io a rivelarVi quale sia la verità. Ammesso che la troviate.

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