lunedì 20 dicembre 2010

Solo il mimo canta al limitare del bosco.

Immaginate un mondo futuro, molto lontano nel tempo, in cui le emozioni sono represse fino a sviluppare leggi che per tutelare la privacy non consentono di rivolgersi con affetto a chi vi siede accanto, o la convivenza fra donne e uomini. Un mondo nel quale tutti i bisogni fisici sono soddisfatti dai robot, nel quale l’amore stesso è bandito, e l’accoppiamento a fini procreativi è praticato raramente, e in rigorosa conformità al motto “il sesso svelto è meglio”. Un mondo in cui tutti assumono regolarmente farmaci sedativi per mantenere l’assoluto controllo sui sentimenti, e in cui la curiosità viene sistematicamente scoraggiata.
Si tratterebbe di un mondo in cui il desiderio di vivere scomparirebbe, e in effetti in questa New York del futuro creata da Walter S. Tevis si assiste spesso a suicidi pubblici collettivi, praticati soprattutto da studenti, e sui quali è proibito intervenire in soccorso delle vittime.
Per motivi non del tutto chiari gli esseri umani sono sterili, e quindi questo mondo è fortemente sottopopolato: ci sono solo circa venti milioni di abitanti su tutta la Terra, oltre ovviamente a milioni di robot, fra i quali i modelli della Serie Nove, formata da umanoidi di sintesi che, per via del loro avanzato processo di fabbricazione, hanno emozioni umane.
Le città giacciono in uno stato di abbandono, benché sopravvivano grazie agli automatismi dei robot, che pure in realtà iniziano a mostrare carenze e inefficienze che nessuno ha più interesse a riparare.
Oltre a tutto il resto, in questo mondo nessuno sa leggere, né scrivere. Semplicemente perché non è necessario. Le parole stesse che descrivono queste attività sono diventate desuete  e incomprensibili.
In questo desolante scenario, un giorno un uomo ritrova casualmente dei libri, e impara gradualmente ad associare un significato ai segni strani che vi vede impressi, e così, faticosamente, apprende a leggere, e gradatamente anche a scrivere.
Solo il mimo canta al limitare del bosco (tit. orig. Mockingbird, del 1980, traduzione di Silvia Stefani, ripubblicato in Italia con il brutto titolo Futuro in trance) è in effetti il diario del protagonista, con intercalati alcuni capitoli narrati in terza persona con cui si fa il punto sugli altri personaggi.
L’esperienza della lettura conduce il protagonista, Bentley, alla conferma delle sue intuizioni: il mondo ha una sua storia, e in questa storia non tutto è sempre stato come gli appare nell’oggi. Grazie ai libri, Bentley intraprende un viaggio di trasformazione, che nell’incontro con una donna, Mary Lou, giunge ad una svolta radicale. In barba alle leggi vigenti, la donna è audace, sfrontata, irrispettosa delle norme, capace di esprimere le sue emozioni, e consapevole dell’inferiorità dei robot rispetto agli esseri umani. “Molla la presa, robot!” si rivela un motto capace di dissuadere dal loro intento persino i robot poliziotti. 
Dapprima Bentley è spaventato da Mary Lou e la evita, ma poi la sua insopprimibile umanità lo costringerà a mettersi sulle tracce della donna, fino a innamorarsene, e pagare questa trasgressione con la cattura e la detenzione in una prigione controllata dai robot.
È difficile stabilire un ordine da seguire per descrivere i pregi di questo libro, perché sono davvero tanti. Walter S. Tevis, che ha scritto solo un altro romanzo di fantascienza, ovvero il celeberrimo L’uomo che cadde sulla terra, si approccia al genere con la semplicità di chi non teme di attraversare ambienti stereotipati senza mai risultare stereotipato. Grazie ad una storia traboccante di umanità, narrata con una prosa sobria e dolce, che svetta spesso su picchi di autentica poesia, uno scenario così opprimente e tutto sommato poco originale diventa invece un terreno fertile, pieno di segreti, che il protagonista scopre via via nel corso della sua odissea.
Bentley si avventura in un viaggio di ricerca che nella sua costante pericolosità fisica esprime i rischi, ben maggiori, che incontra durante la sua odissea all’interno dell’identità umana. Individuale, per la sua avventura personale, e collettiva, per la riscoperta della storia del genere umano e del senso profondo della sua continuazione.
La scintilla che innesca il suo motore interno sono i libri, di cui è perennemente alla caccia.
Seguiamo così Bentley nel momento in cui si imbatte in misteriose e abbandonate biblioteche, sentiamo la sua delusione quando è costretto a misurarsi con scaffali vuoti, esultiamo con lui e per lui quando il ritrovamento di una dozzina di libri improbabili come i manuali per la manutenzione dei robot o dei pensiero-bus gli fornisce l’entusiasmo che riaccende la sua vitalità e la voglia di continuare la sua battaglia solitaria per sottrarsi all’ineluttabile: nel mondo di Bentley gli esseri umani sono diventati sterili, e quella descritta è ormai l’ultima generazione; solo i Robot sopravvivranno al genere umano, e allora, poiché nati per servirlo, saranno anch’essi diventati inutili.
Bentley vive alla costante ricerca di libri da leggere (oltre a lottare per tornare dalla sua Mary Lou) e in realtà sopravvive grazie ad essa, e soprattutto grazie all’evoluzione della propria abilità alla lettura nel desiderio di scrivere, realizzando così il diario della sua vita.
La società controllata dai Robot è prossima alla fine. Modellata su criteri di totale razionalità, indifferente a se stessa, efficiente e regolamentata, deprivata di ogni traccia di emozione e di affetto, essa scopre (per il tramite del protagonista Robot Serie Nove, il Preside Spofforth) la completa inutilità e illogicità della vita umana. In una specie di tacita presa di coscienza collettiva della piatta e grama esistenza offerta dal dominio della ragione, non si può dar torto agli uomini e le donne che praticano il suicidio collettivo, che rinunciano ad una vita che di umano non ha più nulla, nemmeno la speranza, la fiducia nella semplice esistenza di altre possibilità. Solo a Bentley è riservata una simile opportunità; solo Bentley se la concede e se ne appropria con gioia.
Né si può dar torto al Robot, Spofforth, che, impotente di fronte alla propria perfezione intellettiva e alla impossibilità di essere umano che in essa alberga, è preda di un’invidia intollerabile che lo induce a volere di fatto annientare l’umanità, lasciando che languisca in una lenta e inesorabile estinzione. Vittima della parte umana che suo malgrado gli è stata innestata, Spofforth inizia persino a desiderare una donna, ma il suo corpo per il resto anatomicamente perfetto è incapace di accoppiamento. Eppure il Robot riserva delle sorprese, che qui certo non anticiperemo.
I numerosi piani dell’odissea di Bentley sono intimamente connessi l’uno con l’altro.
L’apprendimento della lettura e poi della scrittura, la trasposizione in forma sonora (il suo lavoro all’inizio della narrazione) dei dialoghi scritti dei vecchi film muti (il romanzo trabocca di citazioni), l’attrazione per Mary Lou che gli evoca dapprima una timorosa diffidenza e poi un irrefrenabile desiderio (che si realizza anche attraverso l’insegnamento della lettura a Mary Lou stessa), il soggiorno in carcere e l’incontro con poetici compagni di prigionia (indimenticabile la scena del falò sulla spiaggia), la tenace volontà di sopravvivere alla rassegnazione, a fare della propria solitudine una fase indispensabile ma transitoria verso una rinascita.
Tutto tende ad uno stesso fine, le linee parallele via via convergono verso ciò che avviene nelle ultime pagine, in cui giungono al termine i vari livelli di viaggio.
Le linee si fondono così in una sola, proprio come nella parola scritta che Bentley tanto ama.
In questo romanzo troverete episodi e situazioni che ben pochi saprebbero rendere plausibili: un dialogo commovente fra un uomo e un autobus, una donna sfrontata e volubile ma anche irresistibile (sigh!) che vive accampata nel rettilario di uno zoo, un falò sulla spiaggia intorno a cui si riuniscono i detenuti in un’ora d’aria rubata ai loro sorveglianti, un robot che si spoglia per mostrarci l’irrimediabile deficienza sessuale della sua nudità.
Sorrido, con orgoglioso distacco di lettore di genere, al pensiero che alcuni ritengono la fantascienza un genere minore.

Per chi ne ha voglia, in questo breve estratto audio da me realizzato, il protagonista, Bentley, progetta e realizza la fuga dalla prigione in cui è stato rinchiuso per aver violato la proibizione della lettura dei libri e le leggi sulla privacy.



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