giovedì 20 maggio 2010

Edizioni Bietti presenta i suoi libri di fantascienza al Salone del Libro di Torino 2010.

Prima di partire per la capitale sabauda, avevo utilizzato l’efficiente motore di ricerca interno al sito del Salone del Libro, inserendo come parole chiave “fantastico”, “fantasy” e “fantascienza”. Ebbene, il risultato cumulato della ricerca aveva prodotto, fra le centinaia di incontri previsti nei cinque giorni della manifestazione, ben cinque risultati, fra i quali alcune presentazioni di giovani autori italiani. Inserendo invece esclusivamente la parola “fantascienza”, il risultato si riduceva ad uno soltanto.
Nella sessione dal titolo “Il fantastico mondo del fantastico. La letteratura italiana tra immaginazione e realtà”, a cura delle Edizioni Bietti, domenica 16 maggio alle ore 13.00, in una sala gremita di partecipanti, la casa editrice milanese ha presentato intriganti titoli di fantascienza che fanno parte della strategia di rilancio dell’azienda nella narrativa italiana, un vero e proprio restyling in termini di immagine e contenuti che non si può non apprezzare e incoraggiare.
L’incontro è moderato da Gianfranco De Turris, che esordisce individuando nella cosiddetta “narrativa dell’immaginario” l’espressione forse più appropriata per la definizione del genere in discussione. Se da un lato è infatti opportuno riconoscere che “tutta la narrativa è fantastica” (Borges), in quanto qualunque invenzione alla base di una storia è frutto di finzione (citazione che ci trova d’accordo), può essere altrettanto importante fare riferimento a definizioni più precise per ciò che si considera unanimemente “genere” letterario. Ciò detto, il tipo di fantascienza a cui possono ascriversi i titoli della Bietti è indubbiamente quello della “fantapolitica” e della “fantastoria”. Ne è prova evidente il romanzo di Pierfrancesco Prosperi, “La casa dell’Islam”, ambientato in un prossimo futuro nel quale l’autore immagina lo scenario conseguente alla presa di potere in Italia da parte di un partito di ispirazione islamica. Il romanzo rappresenta il seguito del precedente “La Moschea di San Marco”, ed in futuro è previsto anche un terzo libro. Una storia simile rientra nella definizione di “fantapolitica” più che di “storia alternativa” in senso stretto, in quanto, alla base della narrazione, non vi è da parte dell’autore alcuna modifica determinante di un particolare evento storico. Simili considerazioni valgono anche per “Il cuoco di Mussolini”, di Carlo Bordoni (assente dall’incontro per motivi personali): in questo caso un pur inedito evento collocato dall’autore nella storia passata non modifica affatto il flusso dei fatti successivi, pertanto è preferibile parlare di “fantastoria”. Del tutto diversa è la prospettiva di Enrico Passaro, che nel suo “Inferni” affronta invece questioni di carattere religioso ricorrendo ad elementi fantastici-horror, immaginando una esasperata competizione fra emissari di inferni diversi, ascrivibili alle varie confessioni, volta ad accaparrarsi le anime degli agnostici e degli atei che abbandonano la vita terrena.
Come le importanti scelte dell’editore dimostrano, risulta dunque in crescita l’affermazione degli scrittori di FS nostrani, a riscontro diretto dell’elevato livello raggiunto sia in termini di qualità delle opere che di originalità ed inventiva.
Gian Filippo Pizzo e Walter Catalano si occupano a questo punto di presentare l’antologia “Ambigue Utopie”, che hanno curato (vedi anche qui). Come ci ricorda l’affascinante sottotitolo, ovvero “Diciannove racconti di fanta-resistenza”, il volume esamina il rapporto fra individuo e potere in Italia, attraverso il tratteggio di diciannove scenari ucronici/utopici descritti in altrettanti racconti consapevolmente accomunati dal particolare punto di vista, quello proprio della sinistra politica. Talora, estrema.
Walter Catalano riferisce all’uditorio che una simile proposizione non poteva che destare pareri opposti a seconda dell’orientamento politico: nei social network è infatti evidente che mentre a sinistra il libro ha prodotto un consenso pressoché unanime, da destra invece l’operazione tenda ad essere considerata come una forma di propaganda; un confronto che ricorda in parte quello degli anni ‘70, ma con una vocazione diversa, fondata sulla maggiore serenità attuale del dibattito. Nessuno oggi (almeno nella fantascienza) intende togliere la parola al suo antagonista, e forse il dialogo fra gli opposti diventa possibile.
Il riferimento all’eredità del filone classico dei racconti dell’ucronia italiana è testimoniato dall’inclusione nell’antologia dei racconti di Vittorio Curtoni e Gianfranco De Turris, già pubblicati anni addietro su “Galassia”.
Gian Filippo Pizzo ricorda che se le due “componenti”, quella sociale e quella più disimpegnata, rispettivamente riconducibili a H. G. Wells e J. Verne, hanno sempre rappresentato i due binari sui quali la fantascienza si è mossa, durante il periodo post-bellico, in Italia, si assistette a una crescita nella diffusione delle forme più impegnate socialmente: accanto alla rivista Urania, che richiamava soprattutto lettori attratti dall’avventura, iniziarono a diffondersi autori, soprattutto statunitensi, di una forma di letteratura più “adulta”, in cui era possibile rintracciare un’attenta analisi sociologica, sovente all’interno di una matrice di tipo progressista. “Ambigue Utopie” rientra dunque a pieno titolo in questa “social sci-fi”, sebbene con una veste più dichiaratamente politica.
Nei brevi interventi conclusivi, P. F. Prosperi cita esempi classici di eventi spesso presi a prestito dagli autori di storie “ucroniche”, quali lo sviluppo delle armi nucleari o il fallito attentato ad Hitler, la modifica dei quali avrebbe avuto effetti drammatici sulla storia mondiale: gli scenari derivanti da simili operazioni immaginarie sono espressione della FS più pura; E. Passaro ricorda che è fondamentale che un romanzo sia bene equilibrato fra le sue tre componenti di base: azione, ricerca stilistica e contenuto della narrazione, e che la prevalenza di una a discapito delle altre può compromettere la qualità complessiva dell’opera.
L’interessante discussione che chiude l’evento verte sulla definizione di “ucronia” e, inevitabilmente, sulla questione “La fantascienza è sempre di sinistra?”.
Alla fine dell’incontro scambiamo volentieri due chiacchiere con l’editore, Tommaso Piccone, del quale non sfuggono fiducia ed entusiasmo nel rilancio delle Edizioni Bietti, la cui crescita nella narrativa comprende, accanto al piano editoriale “mainstream”, un importante investimento in autori italiani di genere fantascientifico, come la pubblicazione di quattro titoli in sei mesi, e la presenza a Torino come sponsor dell’unica presentazione di romanzi e racconti di fantascienza, dimostrano senza lasciare spazio a dubbi.
Dietro questo entusiasmo c’è l’obiettiva e serena consapevolezza, che non possiamo non condividere, della quantità e della qualità, entrambe elevate, di autori italiani di genere e non.
Non possiamo che rinnovare alle Edizioni Bietti (attenzione: questo è il sito internet, diffidare delle omonimie!) i nostri complimenti per una scelta che siamo certi che sarà ben ripagata da tutti i punti di vista, e che è purtroppo rara nell’attuale panorama editoriale italiano.
A presto fra le pagine di questo blog per eventuali recensioni.
Auguri sinceri all’editore e a tutti gli autori e i curatori.

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