domenica 19 febbraio 2012

"Lazarus", di A. Cola

Nell’intervista che ci concesse qualche tempo fa, poco dopo la vittoria del Premio Urania 2009, a proposito del tema della “falsa immortalità” che attraversa il suo romanzo Lazarus e su cui gli chiedevamo un chiarimento, Alberto Cola affermò:
"(è) l’immortalità che gli uomini cercano attraverso l’effimero, l’inutile, l’artefatto. E da questo punto di vista invece l’irruzione di Mishima in una società futura dove ciò è portato all’estremo, rappresenta una contraddizione all’ennesima potenza. Tra coloro che cercano il modo per perpetrare la propria vita e resistere al tempo, l’unico dotato di una reale immortalità è colui che ha scientemente cercato la morte."




Nel romanzo vincitore dell'Urania 2009, Yukio Mishima, patriota e intellettuale nipponico suicidatosi nel 1970, è stato riportato alla luce ed è sfuggito al potente Hitasura, l’industriale che finanzia il progetto ("Lazarus", appunto) di rigenesi. Il mistico Gabriel (per metà giapponese e per metà “gaijin”) è stato incaricato di ritrovarlo e portarlo indietro. Il valore del redivivo Mishima si lega al suo possibile ruolo nello scontro politico del futuro. Gabriel rintraccia il rigenerato fin dai primi capitoli del romanzo, ma è in realtà animato dal segreto scopo di assecondare la sua fuga verso il ritorno nel mondo dei morti, il solo che, appunto, possa conferire “l’immortalità”.
Sullo sfondo cupo e buio di un Giappone che deriva da una sapiente miscela fra una ragguardevole conoscenza della sua cultura da parte dell’autore e una visione futura in cui il principio storico dell’isolamento si è visceralmente diffuso all’interno dell’arcipelago stesso (Tokyo è separata dal resto del paese da possenti fortificazioni, al di fuori delle quali non si sa bene cosa aspettarsi), si muovono personaggi che contemplano il rossore dei tramonti e i rari momenti di luce con la sensibilità di una non vedente (la bella Miko), che nel buio cercano una luce interna da cui devono però difendersi (il "poliziotto del pensiero" Hasuwara, nemico giurato del protagonista sin dall’infanzia), o che infine sono disposti a cedere a un gruppo di fuggiaschi tutto ciò che è rimasto loro, pur di tornare a sentirsi vivi (il proprietario del cinema abbandonato nel paesino fuori Tokyo).
Si è detto da più parti che la vicenda narrata in Lazarus ruoti intorno al “resuscitato”, Yukio Mishima. Se da un lato ciò è indubbiamente ineccepibile dal punto di vista formale, dall’altro a noi sembra invece che quella che viene tratteggiata in questo romanzo sia la ben più appassionante storia del protagonista di fantasia, il mistico Gabriel.
“Diverso” sin dall'infanzia vissuta in una delle culture da sempre più monolitiche del pianeta (sua madre è australiana), “diverso” dalla maggioranza degli altri esseri umani per via delle straordinarie capacità della sua mente (la "Pulsazione"), “diverso” in ultima analisi e forse di conseguenza, dalla collettività rassegnata a un’esistenza i cui percorsi sono stati stabiliti da altri, Gabriel/Cola ci racconta la sua storia dal punto di vista privilegiato di chi al tempo stesso si muove con il corpo (quello di guerriero e di giapponese) all’interno della realtà in cui si trova ma osserva con la mente (quella di mistico e di gaijin) la stessa realtà dal di fuori. Gabriel si muove in quella zona di confine fra luce e buio dove ogni dettaglio assume sfumature, contorni e colori diversi. È precisamente in questo modo che la sua diversità, da apparente punto debole, diventa in realtà la leva di incredibile potenza sulla quale poggia e si dipana la vicenda, che assume da subito la forma suadente di una ribellione "intelligente" e silenziosa. Non è certo nell’azione fisica che si troveranno i maggiori pregi di Lazarus, bensì in quella interiore.
Ed è dunque così che, in ultima analisi, la diversità di Gabriel, da semplice dato di fatto assoluto e incontrovertibile, diventa identità, si fa scelta consapevole e strumento di ribellione immediata, priva della necessità di progettare se stessa, epidermica. Solo in questo modo la sconfitta di una civiltà trova il suo riscatto, nella vittoria del singolo individuo.
Essere disposti a identificarsi nella rivolta sussurrata e nascosta di questo personaggio è probabilmente la sfida di questo romanzo, se si intende apprezzarlo nel modo in cui è lecito sospettare che l’autore ne abbia vissuto (consciamente? Forse no) la genesi. Chiunque abbia in sé un barlume di quel sano spirito di opposizione alla violenza di qualsiasi ordine precostituito non potrà che subire questa sorte. Agli altri, non possiamo che consigliare di ritrovarlo. Dentro di sé. E non è escluso che Lazarus, grazie anche a una prosa ricca, disinvolta e a tratti poetica, possa aiutarli in tal senso.
Poiché Lazarus ha anche il pregevole dono della sintesi, il volume 1565 della collana Urania si arricchisce di due racconti dello stesso Cola, ovvero il poetico La porta di nuvole e il divertentissimo R.F.C., due storie del tutto diverse dalla vicenda del romanzo, a dimostrazione, come se fosse necessario, della versatilità dell’autore, e infine l’originalissimo L’Imbianchino di Anime, a firma di Daniela Piegai, racconto dolcissimo e delicato, il cui finale, mi sia concesso, lascia un sapore troppo amaro dopo tanta bellezza.
Ma è il limite del sottoscritto.

P.S. si parlerà di Lazarus il 22 febbraio qui.

Nessun commento: