mercoledì 20 ottobre 2010

I ragazzi di Anansi.

Charlie Nancie (detto Ciccio Charlie), statunitense trapiantato in Inghilterra, è un uomo imbranato e timido, ed è avviato ad un incerto matrimonio con una volitiva donna inglese, Rosie, provvista di insopportabile madre/suocera al seguito. Ciccio Charlie è impiegato, e succube di un manager senza scrupoli che sta truffando la clientela dell’azienda, e di un padre la cui vita è segnata dal divertimento allo stato puro, con particolare predilezione per il karaoke e le belle donne, con questi due elementi per lo più fusi fra loro. Ciccio Charlie detesta il suo soprannome, che, suo malgrado, si ritrova puntualmente incollato addosso in ogni fase della sua esistenza. Da suo padre ha ereditato la passione per il canto, ma non riesce a superare il nodo che lo assale alla gola ogni volta che si cimenta con essa.
Un giorno la sua vita muta radicalmente: suo padre muore durante una performance canora, caracollando sul seno di una cameriera del locale in cui si stava esibendo (nulla di diverso da quanto soleva fare prima del decesso), e nella vita di Ciccio Charlie appare all’improvviso uno sconosciuto fratello, Ragno. Intorno alla scoperta dell’esistenza di questi ruotano poi tre anziane e arzille signore dall’aria vagamente stregonesca.
Ragno si rivela l’incarnazione di tutto ciò che Ciccio Charlie avrebbe voluto essere (e che un tempo si sospetta che fosse): è affascinante, sicuro di sé, vitale, e dotato di uno sguardo magnetico e di una loquela sempre convincente. Le donne si danno a lui come le foglie alla brezza d’autunno.
In breve tempo gli soffia Rosie e si stabilisce nella sua dimora, rivelandosi sempre più molesto e insopportabile.
Del resto, Ragno può fare quel che vuole, perché lui è un dio. Ed era un dio anche il loro padre, il compianto Anansi.
Per liberarsi di lui, e grazie all’aiuto delle anziane signore, Charlie si avventura fra gli dèi e stringe un patto con la Donna-Uccello (una divinità che si manifesta in ogni genere di volatile in qualunque parte del mondo), salvo poi pentirsi delle sofferenze arrecate all’ingombrante fratello. Per Ciccio Charlie, infatti, più che un consanguineo, Ragno è praticamente… una parte di sé.
Allo scontro fra le divinità partecipa anche Tigre, che ha in odio la progenie di Anansi, perché questi trascorreva il suo tempo prendendosi gioco di tutti gli altri dèi, e perché a Tigre in particolare il compianto aveva sottratto il potere delle storie raccontate dagli uomini.
È una storia leggera e grottesca quella che Neil Gaiman ci propone ne I ragazzi di Anansi, un romanzo che si colloca a pieno titolo nel genere “Urban Fantasy” attualmente molto in voga. La storia, non priva di una valenza umoristica tutta britannica, risente dello spirito eclettico dell’autore, già Premio Hugo, Nebula, e Bram Stoker nel 2002 con il precedente American Gods, nonché autore di storie a fumetti e sceneggiatore cinematografico e televisivo (basti citare Sandman, Stardust e Coraline).
I ragazzi di Anansie ben si presterebbe in effetti ad un adattamento illustrato, in forma di fumetto o meglio ancora di film, magari d’animazione. Lo suggeriscono persino gli eleganti e azzeccati sottotitoli dei capitoli, costituiti da brevissimi e accattivanti prologhi del loro contenuto.
Le atmosfere sospese fra l’onirico e il surreale ricordano inoltre, a tratti, il Tim Burton dell’indimenticabile Big Fish, in particolare l’irrisolvibile rapporto del protagonista con la imbarazzante ma anche insuperabile immagine del padre incantatore e racconta-storie.
Risultano particolarmente graditi a chi vi scrive due elementi nei quali possiamo forse rintracciare il significato del romanzo, ovvero l’idea della possibilità di recuperare la parte migliore di sé mettendosi in gioco nella vita (soprattutto nel rapporto, per un uomo, con le donne), e il conseguente happy ending, oggi tanto raro quanto apprezzabile.
Benché il dialogo e la vicenda siano conditi di stereotipi di natura "filmica" anglo-statunitense  (che rafforzano il convincimento della possibilità di un efficace adattamento cinematografico, benché non troppo originale), questo romanzo rappresenta una piacevole e consigliabile lettura.
Un vago insieme di sensazioni, infine, suggerisce che la versione in lingua originale possa risultare preferibile per un giudizio appena migliore. Ma è solo un’ipotesi, più che mai rispettosa del lavoro del traduttore.
Per una versione audio delle prime pagine, andate pure qui.

Nessun commento: