lunedì 24 novembre 2008

Due romanzi sul tempo, a confronto.








Ho appena finito di leggere due libri che trattano un tema a me caro, e lo fanno in modo simile per certi aspetti e profondamente diverso per altri. Penso siano entrambi ottimi esempi che il genere consente analisi della realtà originali, e che la fantascienza possa spingersi ben al di là dei limiti della mera finzione ludica.
Si tratta di “Replay: una vita senza fine”, di Ken Grimwood (USA) e “La moglie dell’uomo che viaggiava nel tempo” di Audrey Niffenegger (USA).
In entrambi i casi la storia ruota intorno ad un protagonista vittima di un inspiegabile fenomeno, descritto come una malattia in un caso (ne "La moglie...") e come una specie di talento, ma anche una sventura, nell’altro (in "Replay").
Henry, il protagonista de “La moglie…”, è un uomo affetto da una patologia genetica che, una volta caratterizzata, verrà definita come sindrome da disorientamento cronologico; la malattia, che verrà ereditata da sua figlia, Alba, lo fa sparire all’improvviso nei momenti di più intensa emozione, e ritrovarsi nudo e indifeso nel proprio passato o più raramente nel futuro, fino a interagire con un se stesso più giovane o più anziano, al quale spesso è costretto a chiedere aiuto. La storia è descritta in parte dal punto di vista di Henry e in parte da quello di sua moglie Clare, che rappresenta chiaramente il pensiero narrante indagatore, inquieto e femminile dell’autrice. Jeff invece, il protagonista di Replay, è un uomo maturo cui capita un infarto cardiaco nel 1988 e che, in conseguenza di questo, anziché morire si ritrova a vivere daccapo la sua vita nel 1963, fino a trovarsi di nuovo a subire l’infarto nel 1988, e così via in una sequenza che si ripeterà più volte. La natura o la ragione di questa sorta di metempsicosi non vengono spiegate in modo specifico dall’autore (che, tremate pure, è morto d’infarto nel 2003), ma piuttosto essa è trattata come una cosa ovvia e del tutto normale, che però solo pochi eletti hanno il dono di poter vivere in modo cosciente, non dimenticando le precedenti vite. Durante uno di questi replay Jeff si innamora di una donna, Pamela, che scopre avere il suo stesso dono. I replay dei due sono sfasati di un certo periodo di tempo (che è variabile) e la loro durata si accorcia progressivamente; pertanto i protagonisti ricorrono a vari espedienti per avere certezza di ritrovarsi al replay successivo delle rispettive vite e poter stare nuovamente insieme. La loro unica certezza è la data delle rispettive morti e del conseguente riavvio del replay.
Tutt’e due le storie ruotano intorno ad una relazione d'amore appassionata e travolgente. Sia in Henry e Clare che in Jeff e Pamela la ricerca di un’esistenza più stabile è finalizzata prevalentemente a godere appieno dell’amore dell’altro; e in tutte e due le vicende il fenomeno inspiegabile (che sia viaggio nel tempo o replay dell’esistenza) è dunque reso ancor più odioso nella misura in cui ostacola l’appagamento del desiderio.
In entrambi i romanzi il protagonista maschile è fortemente connotato come vittima di eventi che lo travolgono. Fenomeni che la fantascienza tradizionale utilizzava come espedienti narrativi sempre vissuti in chiave positiva, ossia come super-potere o conoscenza riservata ad eletti-eroi, in queste due storie diventano un tormento esistenziale, che condiziona (per lo più negativamente) la vita dei personaggi e dei loro cari. In una condizione di drammatica solitudine dei protagonisti, il lettore non può fare a meno di identificarsi completamente con essi, assumendo su sé, molto più che in altre storie simili, il fardello della pena da loro vissuta.
In un crescendo di speranza di guarigione o di cambiamento, non appare mai la certezza di un lieto fine. In effetti, fino all’epilogo di entrambe le storie non si riesce in alcun modo a prevedere cosa ne sarà di questi individui travolti dall’incomprensibile.
Un altro interessante tratto comune fra le due vicende è il palese legame fra il verificarsi del fenomeno (salto temporale o replay) e il vissuto emotivo/psichico del protagonista. Le sparizioni improvvise di Henry si verificano nei momenti di maggior emozione della sua vita, come il matrimonio con Clare o la nascita di Alba, in occasione dei quali l’uomo spera, sempre inutilmente, di non essere strappato all’improvviso dal presente (il che ha permesso gag narrative di notevole riuscita, come quando Clare bacia sull’altare nuziale un Henry proveniente dal futuro); e così Jeff, la cui vita prende in ogni replay una piega diversa, a seconda della sua tendenza positiva e ottimista a costruire un’esistenza sempre migliore, o viceversa quando si abbandona a vivere tutto in modo passivo, inerme, sempre sul filo della depressione e dello sfascio. In questa relazione precisa fra le condizioni psichiche dei protagonisti e il manifestarsi o il modo di manifestarsi del fenomeno incomprensibile sembra di poter azzardare che i rispettivi autori abbiano voluto utilizzare il “fenomeno” stesso come espressione dell’attività continua, onnipresente e ineludibile dell’inconscio umano.
Potremmo definirla una fantasia di onnipotenza dell’inconscio, accettabile nella misura in cui siamo su un piano puramente rappresentativo, artistico.
Il “fenomeno” è infatti sempre collocato all’interno delle possibilità umane del protagonista, per quanto la piega degli eventi che ne derivano sembri spesso pessimistica e votata al fallimento (ma non dimentichiamo che la piccola Alba ha la capacità, alle volte, di scegliere la sua destinazione temporale, e dunque il lettore si lascia confortare dal pensiero che la bambina saprà un giorno volgere a proprio favore la malattia). Viaggiare nel tempo o rivivere un lungo segmento della propria vita sono date cioè non come capacità soprannaturali, divine, esoteriche o magiche, ma bensì profondamente naturali e umane, benché patologiche o eccezionali (nonostante, a onor del vero, un velo di religiosità trasudi da piccoli pori fra alcune pagine di Replay che si rifanno alla mistica indiana della reincarnazione). Non a caso, nella parte conclusiva de “La moglie” la narrazione dei viaggi nel tempo di Henry si sovrappone alla descrizione dei sogni di Clare, e ne deriva una godibile difficoltà a distinguere agevolmente fra l’immagine onirica e quella “reale”.
Ma ecco che, proprio parlando di potenzialità dell’inconscio e del modo in cui la fantasia degli autori l’ha rappresentata, emergono le differenze, profonde, fra le due storie.
Semplicisticamente, potremmo limitarci a dire che una storia finisce bene e l’altra invece per niente affatto (e nelle prossime righe capirete quale finisca come, pertanto vi consiglio di smettere questa lettura se avete intenzione di leggere i due romanzi). Ma cerchiamo di andare oltre.
Nonostante tenti, Henry non riesce in alcun modo a volgere gli eventi a proprio favore. L'incontro con un medico genetista che diventa suo amico e che riesce a individuare i geni responsabili della malattia (fino a spedire alcune cavie di laboratorio a zonzo nel tempo) non permette comunque ai due di sviluppare una soluzione efficace al problema. E così, dopo avere vissuto, fino all’età di 40 anni, una serie di viaggi nel tempo durante i quali Henry, pur fra mille difficoltà, rimane indenne, ecco che dopo la nascita di sua figlia lo vediamo incorrere in una serie di episodi sempre più agghiaccianti; tutte le sue paure, le sue angosce più terribili, come quella di finire nel reticolo privo di porte della tromba delle scale della biblioteca in cui lavora, diventano realtà, in un crescendo della tensione drammatica che imprime una violenta virata al romanzo. Il lettore più sensibile non potrà non percepirvi, al di là di una classica cattiva sorte che è strumentale alla narrazione, una sottile intenzionalità negativa inconscia, quasi una tensione irreversibile verso il fallimento. Viceversa, seppure su un piano narrativo forse un po’ più maschile e in questo senso più superficiale, il Jeff di Replay ritrova continuamente dentro di sé la forza di alzare la testa e, fra alti e bassi, migliorare la sua esistenza (va riconosciuto d’altra parte che il dramma esistenziale di Henry è oggettivamente peggiore di quello di Jeff, tanto da essere connotato come malattia vera e propria), in uno sforzo convincente verso la vittoria finale sugli eventi che sono scatenati dal fenomeno.
E così, la morte, annunciata presto (dall’inizio, nel caso dell’infarto in Replay) come epilogo di entrambe le storie, ha un peso diverso e un diverso manifestarsi, tanto che si rivelerà un bluff in un caso e una certezza insormontabile nell’altro.
Arriviamo quindi al cuore dell’impianto narrativo e, onestamente presumo, anche mentale e caratteriale dei due autori (almeno relativamente a queste due magnifiche opere). La sensazione che domina costantemente e dichiaratamente “La moglie…” è di una totale immutabilità del corso degli eventi. Un punto di vista paradossale (e di certo originale) per una storia che parla di viaggi nel tempo. I classici e i contemporanei autori di FS ci hanno viziato con immancabili paradossi spazio-temporali, circolarità, divieto di incontri impossibili con copie di sé di altri tempi, e ci hanno inculcato così profondamente che viaggiare nel tempo significa regolarmente alterare il flusso degli eventi, salvo l’adozione di mille precauzioni, che stavolta si rimane sconcertati dalla ferrea e semplice logica dominante in questa storia: tutto quel che è successo (ed anche quel che succederà) semplicemente non è modificabile. Tutto è già scritto; i viaggi di Henry nell’infanzia di Clare non consentono di apportare nel passato variazioni che si ripercuotano sul futuro, perché anche il tentare di farlo era previsto dal flusso unico e univoco degli eventi; né d’altro canto la conoscenza degli accadimenti futuri consente di agire sul presente in alcun modo.
In una parola, il destino dell’esistere è assolutamente e inderogabilmente inevitabile. Una visione rigidamente esistenzialista, da cui forse emerge una certa religiosità non dichiarata. Non dimentichiamo in proposito quanto sia importante la religione cattolica nelle scelte di Clare (che scarta a priori l’ipotesi di abortire nonostante i rischi che un feto che viaggia nel tempo può implicare per il suo corpo di madre). E molto cattolica risulta in effetti nel suo insieme l’incongruente visione che concilia il libero arbitrio dell’individuo da un lato con una totale predestinazione dall’altro.
Di tutt’altro tenore, in Replay, il trepidante incalzare degli eventi sempre mutevoli che caratterizzano la vita e gli incontri di Jeff e Pamela, che tentano sempre e comunque di sottrarsi all’inevitabile, in una battaglia vitale per una liberazione totale dalla coazione a ripetere. La donna e l’uomo studiano quel che accade, cercano di entrare in contatto con altri nella loro condizione tramite sibillini annunci sui giornali, e così facendo innescano, fra gli altri, un replay in cui la loro presunta capacità di prevedere il futuro viene sfruttata dalla CIA a vantaggio degli USA, con la conseguenza di generare un mondo contemporaneo geopoliticamente sconvolto. Ogni replay rappresenta una nuova possibilità, ma di fronte al tentativo di modificare l’evento apicale della vita di Jeff, ovvero l’infarto che lo riporterà indietro, sembra che non ci sia nulla da fare. Fin quando, dopo uno spasmodico ripetersi di replay sempre più brevi e precedenti il fatidico istante, l’uomo si abbandona al suo destino e… sopravvive all’infarto, senza che un nuovo replay abbia inizio. E così, avviene che se, ne “La moglie...”, la tensione drammatica si trasforma in una cupa tristezza che non può non muovere infine alle lacrime (preparate il fazzoletto…), in "Replay" invece essa si scioglie come fosse molto rumore per nulla, e lascia che il lettore possa tirare un sospiro di autentico sollievo.
E se da un lato è vero, infine, che il livello di scrittura di A. Niffenegger si colloca su toni più alti e immagini più sofisticate del registro più semplice e immediato (ma non per questo di minor valore artistico) di K. Grimwood, si rimane con una domanda aperta su quanto lo spirito positivo e ottimistico del secondo avrebbe giovato alla storia della prima.

Audrey Niffenegger, La Moglie dell'uomo che viaggiava nel tempo, ISBN 978-88-04-58359-2 Oscar Mondadori, € 9.00
Ken Grimwood, Replay: una vita senza fine, ISBN 978-88-347-1282-5 Fanucci Editore, € 15.00